Introduzione
L’area esaminata in questo lavoro è situata nell’Appennino centrale abruzzese, ed è ubicata nei fogli n. 140 Teramo, II quadrante, e n. 146 Sulmona, I quadrante, della Carta Topografica d’Italia. Il rilevamento geologico è stato eseguito alla scala 1:10.000, utilizzando ingrandimenti della Carta Topografica d’Italia scala 1:25.000 a cura dell’I.G.M.I.
La zona ha una superficie di circa 65 Kmq, ed è delimitata a N dalle propaggini settentrionali di Valle Voltigno e di Bosco Battituro, poi dal Rivo Chiaro e dal Torrente Schiavone; ad E dall’allineamento dei centri abitati di Civitella Casanova, Vicoli e Civitaquana; a S dal corso del Torrente Cigno; infine ad W si estende all’incirca fino al confine tra le province di Pescara e L’Aquila.
Fig. 1 – Ubicazione dell’area esaminata.
Scopo del rilevamento, realizzato con criteri lito-biostratigrafici, è la determinazione dei rapporti geometrici delle varie unità stratigrafiche e tettoniche presenti, al fine di ricostruire la dinamica degli eventi geologici succedutisi nell’area, e trarre indicazioni per eventuali correlazioni di carattere regionale.
Mediante l’osservazione delle caratteristiche sedimentologiche dei litotipi affioranti, nonché delle peculiarità morfologiche dei versanti, ci proponiamo inoltre di porre in evidenza la ben rappresentata fenomenologia erosiva attiva nella zona, per applicazioni che potrebbero costituire il naturale completamento di questo lavoro.
Descrizione morfologica
La morfologia della zona in esame è fortemente influenzata dall’assetto tettonico delle varie unità stratigrafiche affioranti e dalle differenze litologiche delle formazioni in loco. In questo quadro possiamo quindi distinguere due aree: una occidentale, costituita da rilievi calcarei meso-cenozoici, che raggiungono quote che si aggirano intorno ai 1.400 - 1.500 metri, ed una orientale, dalla morfologia collinare a minore acclività, sede di intensa coltivazione, a quote dell’ordine dei 400 - 600 metri di altitudine.
All’estremo nord-occidentale della zona investigata si estende Valle Voltigno, una vasta area pianeggiante erbosa di probabile origine glaciale, che occupa una superficie di circa 3 Kmq. Essa forma una sorta di altipiano bordato da rilievi, disseminato di doline ed inghiottitoi, molti dei quali sono sede di piccoli specchi d’acqua a carattere stagionale, il maggiore dei quali è significativamente denominato Lago Sfondo.
Appena ad est di Valle Voltigno si erge l’allineamento a direzione meridiana di Bosco Battituro - M. Fiore - M. Cappucciata, per la quasi totalità ricoperti di boschi di querce e faggi, che rendono disagevole l’osservazione dei punti di affioramento.
Il M. Cappucciata, che è il rilievo più elevato della zona (1.801 m. di quota), presenta versanti scoscesi sia a E che a W. La cresta sommitale, frequentemente battuta da venti prevalentemente da W, si presenta brulla, con speroni rocciosi a forte pendenza. Verso sud si raccorda con il M. Scarafano, a direttrice NNW - SSE, formando una complessa struttura ad ipsilon, ribassata a tergo da sistemi di faglie dirette, che danno luogo all’ampia valle del Fiume Tirino, più ad ovest.
I versanti occidentali di Bosco Battituro e di M. Fiore digradano dolcemente verso ovest, mentre ad est le pendenze divengono nettamente più forti, e sono presenti bruschi dirupi e rotture di pendio, alla base delle quali si impostano ampie pietraie e conoidi di detrito, che vanno ad incanalarsi nella stretta Valle S. Giovanni, che separa i rilievi sopraccitati dalla dorsale calcarea di Pietra Rossa - Colle Madonna - I Cimoni.
La sua morfologia ricalca fedelmente la configurazione strutturale: il versante occidentale declina con pendenze di circa 40° verso ovest, in conformità con le giaciture degli strati; sulla cresta, in prossimità della vetta, è piuttosto pianeggiante, solcato da valli di origine tettonica che lo percorrono in senso trasversale e longitudinale; qui troviamo numerose testimonianze di carsismo, come campi carreggiati e lapiez dovuti all’azione degli atmosferili, in particolar modo della neve, che permane per molti mesi durante il periodo invernale. Il versante orientale è invece bruscamente acclive, formato da più balze di origine tettonica e sedimentaria, che nell’insieme concorrono a formare un dirupo scosceso, con un dislivello che arriva a toccare i 350 m.
Nella zona pedemontana si raccolgono ingenti accumuli di detrito di falda, che si estendono per centinaia di metri, raccordando la struttura alle colline antistanti.
Verso sud, M. Pietra Rossa scende di quota, divenendo uno sperone roccioso, fino a scomparire sotto la coltre di detrito alle pendici del M. Cappucciata, in località Falone. A nord, Colle Madonna viene interrotto dalle gole del Rivo Chiaro, probabilmente impostatosi su una discontinuità tettonica di lieve entità. Anche qui troviamo una profonda rupe, ai cui piedi è abbondante il detrito di falda.
Più a est si apre una ampia zona collinare, che occupa circa la metà dell’area del rilevamento; essa è costituita da piccoli rilievi a morfologia arrotondata che denotano la maggiore erodibilità delle formazioni affioranti. A questo proposito, risulta evidente in campagna come le colline più elevate, a ridosso della fascia montuosa, presentano alla loro sommità corpi conglomeratici che proteggono dall’erosione i sedimenti sottostanti; ne abbiamo un esempio con l’allineamento M. Riccio - S. Maria delle Macchie - Colle Bano, oppure più ad est con la “lama” di conglomerati calcarei affioranti presso la località Intro d’Acqua e C.da La Penna.
Le strutture a direzione meridiana che formano la zona collinare sono interrotte circa ortogonalmente da numerosi corsi d’acqua paralleli, impostati su lineamenti tettonici: ricordiamo il Torrente Cigno, e procedendo verso nord, il T. Bonanno, il T. Negra, il T. Nora, il F.so Festina, il F.so Tamburo, il T. Schiavone, tutti a direzione circa W - E o WSW - ENE.
A causa della natura pelitica dei sedimenti affioranti in quest’area, sono molto diffusi i fenomeni di erosione caratteristici, con insorgenza di forme calanchive e smottamenti di piccola entità, oppure fenomeni di soliflusso e creeping.
All’estremo est della zona la morfologia diviene tabulare; qui si individuano dei terrazzi di origine alluvionale, di età pleistocenica, ad andamento pianeggiante e leggermente digradante verso est, allungati nel senso dei paralleli, su cui sorgono i paesi di Civitella Casanova, Vicoli e Civitaquana. La forte erosione dovuta all’incisione dei corsi d’acqua e la scarsa coerenza dei depositi sedimentari sono causa del continuo scalzamento alla base di questi corpi tabulari.
In molti luoghi si è intervenuto con la costruzione di grosse strutture di sostegno atte a proteggere i centri abitati da incipienti fenomeni di frana, che peraltro hanno già agito ad esempio in località Vicoli Vecchio.
Studi precedenti
Nell’ambito degli studi a carattere regionale che trattano delle strutture dell’Appennino centrale, numerose sono le citazioni riguardanti i rilievi che compongono la zona in esame, sia dal punto di vista stratigrafico che strutturale.
Verranno qui menzionati in ordine cronologico solo quei lavori che analizzano l’area studiata con maggiore dettaglio.
ACCORDI (1966), nel suo lavoro di inquadramento geologico dell’Appennino Laziale - Abruzzese, a proposito dei rilievi di M. La Queglia e Colle Cantalupo, appena a sud della zona analizzata, parla di “lame rigide espulse dalla profondità a causa di una forte compressione, che rientrano perfettamente nello schema di scaglie enucleate presenti in quasi tutte le fronti delle principali strutture”.
Egli non associa ad esse la dorsale di Colle Madonna, che piuttosto farebbe parte delle strutture a tergo, come chiaramente indica descrivendo l’allineamento M. Picca - M. Cappucciata come “ultima dorsale” facente parte dell’arco Morrone - Gran Sasso, “che si affaccia sulle colline della piana adriatica”. Essa sarebbe delimitata da “un grande sovrascorrimento frontale” dato, secondo BENEO (1948), da una piega - faglia con inclinazione di circa 30°. “Questo motivo appare evidente in corrispondenza delle gole del F. Pescara, poi prosegue a N rientrando a Valle Giardino e Forca di Penne, ove è sdoppiato in due vicarianti”, di cui la più occidentale dovrebbe bordare il M. Cappucciata, e la più orientale la dorsale di Colle Madonna.
CRESCENTI et alii (1969) descrivono invece I Cimoni, naturale prosecuzione settentrionale di Colle Madonna, come un “embrice avanscorso rispetto alla catena del Gran Sasso”. Nella loro monografia che analizza varie serie dell’Appennino marchigiano ed abruzzese, eseguono un dettagliato studio della successione stratigrafica di questo rilievo. Attribuiscono la serie ad un “ambiente di sedimentazione pelagico, tranne che per la sua parte terminale, in cui si riscontrano influenze dell’ambiente neritico - litorale”. Segnalano inoltre una trasgressione, corrispondente ad un periodo di emersione, tra la Scaglia Rosata di età cretacica, e la Formazione S. Spirito dell’Eocene superiore, peraltro non evidenziata da alcuna discordanza angolare.
Più recentemente, GHISETTI & VEZZANI (1983), in un vasto programma di ricerca mirante all’analisi delle deformazioni subite dai domini strutturali esterni dell’Appennino centro - meridionale, trattano dei rilievi che bordano la sua fascia orientale più esterna. Gli Autori descrivono Colle Madonna come una “struttura sovrascorsa, costituita da una successione di sedimenti pelagici in facies di Maiolica e di Scaglia di età cretacica, e da sovrastanti calcareniti a Nummuliti eoceniche, coperte trasgressivamente da calcareniti a briozoi e Litotamni inframioceniche”. Ad est la struttura di Colle Madonna risulterebbe “sovrascorsa sulla Formazione Cellino tramite un piano a basso angolo, parallelamente al quale si sviluppa una piega anticlinalica coricata, con un piano assiale immerso di 15° - 25° verso ovest, e pertanto sub parallelo a quello del piano di sovrascorrimento basale della struttura stessa” (fig. 2).
Fig. 2 - Carta geologica di Colle Madonna (da GHISETTI & VEZZANI, 1983)
Ad ovest, la dorsale di Colle Madonna sarebbe “a sua volta separata tramite un sistema di faglie normali alle alternanze argilloso - arenacee della Formazione Cellino, venendo a costituire un elemento embricato allineato col sistema di deformazione regionale”.
Alle spalle di questa struttura si svilupperebbe una “piega anticlinalica ad asse N - S, estesa dal M. Picca fino al M. Fiore, che interessa una successione di calcareniti e brecciole a Nummuliti, e calcari micritici con selce, e che risulta sovrascorsa sulla Formazione Cellino, a sua volta interessata da strutture a pieghe minori”. Di questa struttura farebbe parte anche quella ad est di Bosco Battituro, “che comporta, tramite piani sub verticali, il sovrascorrimento di brecce calcaree eoceniche sui termini argilloso - arenacei della Formazione Cellino”.
In questo lavoro vengono esaminati i rilievi costituiti da depositi conglomeratici che “si sviluppano nelle immediate adiacenze dei sistemi a scaglie frontali, i cui elementi, esclusivamente carbonatici, da subarrotondati a spigolosi, riflettono una provenienza estremamente localizzata, testimoniando pertanto un’intensa mobilità tettonica durante la fase di attivazione dei principali sistemi di sovrascorrimento”.
Questi conglomerati vengono qui correlati sia a quelli affioranti nei dintorni di Palena, a ridosso del M. Morrone, o di Roccacaramanico, leggermente più a nord, sia ai Conglomerati di Rigopiano, sul Gran Sasso, a testimonianza che “la fase tettonica cui è ascrivibile la formazione di questi sedimenti ha giocato in modo significativo e a grande scala durante la sedimentazione torbiditica delle Formazioni della Laga e del Cellino, ossia durante il Miocene superiore - Pliocene inferiore”.
Inquadramento geologico
Le unità stratigrafiche e strutturali che costituiscono gli allineamenti dei rilievi della zona in esame appartengono al sistema ad arco, a scala regionale, noto in letteratura come arco Morrone - Gran Sasso, che insieme alla catena della Maiella rappresenta il fronte più avanzato dell’Appennino centrale calcareo (fig. 3).
Fig. 3 – Schema strutturale dell’arco Morrone – Gran Sasso (da GHISETTI & VEZZANI, 1988, ridis.)
Questo importante elemento tettonico ha un andamento arcuato, convesso verso l’Adriatico, delimitato ad occidente dalla Linea Ancona - Anzio auctorum e a SE dalla Linea Sangro - Volturno, importanti discontinuità tettoniche già attive durante il Mesozoico. Esso agisce da raccordo tra gli attuali domini delle facies di piattaforma carbonatica del Lazio - Abruzzo e le potenti coltri flyschoidi sinorogeniche mioplioceniche dell’Avanfossa adriatica.
Le varie unità che compongono l’arco Morrone - Gran Sasso presentano generalmente facies di ambiente di transizione, con successione meso-cenozoiche di scarpata - piede di scarpata - bacino, costituite da alternanze di litotipi micritici di ambiente pelagico od emipelagico, e litotipi derivanti dall’accumulo di materiale detritico bioclastico proveniente dall’ambiente di piattaforma carbonatica.
Con il Miocene si osserva una graduale evoluzione verso condizioni di ambiente neritico aperto, con deposizione generalizzata di calcareniti e calcari organogeni, seguite da facies più marnose che preludono alla colmatazione dei bacini da parte delle torbiditi mioplioceniche di origine sintettonica.
In seguito la sedimentazione delle coltri terrigene si sposta verso E, e molte aree emergono grazie anche ad una forte azione tettonica concomitante.
Nel Pliocene medio si assiste ad una trasgressione, documentata da numerosi sondaggi effettuati nell’area collinare progradante verso l’Adriatico, cui seguono condizioni di generale regressione del mare, che gradualmente raggiunge la posizione attuale.
Dal punto di vista strutturale, l’arco Morrone - Gran Sasso è costituito da varie unità impilate tettonicamente secondo uno schema embricato, sovrascorse “in toto” verso N e verso E sui terreni facies di bacino umbro - marchigiano - molisana, descrivendo piani di traslazione a basso angolo.
La struttura può essere suddivisa in due rami: uno settentrionale, a direzione circa E - W, che costituisce la catena del Gran Sasso, e uno più orientale a direzione prevalentemente meridiana o NNW - SSE. Lungo il ramo settentrionale, il contatto tettonico con le successioni di bacino è reso evidente dalle forti discordanze angolari riscontrabili tra le anticlinali a direzione N - S del Bacino della Laga (Monti della Laga, anticlinale di Acquasanta, Montagna dei Fiori) e le strutture del Gran Sasso ad esse ortogonali. Il ramo orientale, ove è ubicata l’area in esame, appare invece concordante con le deformazioni presenti nelle sottostanti successioni mio - plioceniche.
Qui, in posizione più esterna, si individua un sistema discontinuo di strutture a vergenza adriatica, più avanzato rispetto alla struttura principale, identificabile con l’allineamento delle scaglie di Roccacaramanico - Colle Cantalupo - M. La Queglia - Colle Madonna, che appaiono come embrici sradicati dal substrato e poggianti direttamente sui flysch miopliocenici.
Più a nord, all’altezza della confluenza dei due rami dell’arco Morrone - Gran Sasso, assumono importanza le strutture conglomeratiche di età pliocenica che bordano i principali fronti di accavallamento, la cui genesi è strettamente legata ai fenomeni tettonici operanti nella zona al tempo della loro formazione. Essi danno luogo ai rilievi di M. Morrone, M. Bertona, Le Scalate, Le Rochette, che, squarciando le coltri flyschoidi, sovrascorrono su di esse secondo piani a basso angolo.
Il complesso assetto strutturale della zona investigata è il risultato di un’attività tettonica molto articolata, che ha regolato l’evoluzione dei rapporti geometrici e stratigrafici delle varie unità in gioco.
Nell’evoluzione strutturale della zona sembrano aver svolto un ruolo fondamentale la Linea Ancona - Anzio (CASTELLARIN et alii, 1978 - 1982) e la Linea Sangro - Volturno (GHISETTI & VEZZANI, 1983), attive specialmente durante le fasi tettoniche medio mioceniche e plioceniche, che, con meccanismi trascorrenti e compressivi, agiscono da svincolo tra i vari blocchi sedimentari.
Nelle prime fasi (Tortoniano - Messiniano), l’orogenesi si esplica mediante compressioni a vergenza NE, mentre nel Pliocene inferiore le spinte assumono una direzione spiccatamente E - W, con vergenza orientale. A questa fase sono imputati i corrugamenti a direzione meridiana che caratterizzano questa parte dell’Appennino (Virgazione umbra, Bacino della Laga), e probabilmente anche gli allineamenti M. Cappucciata - M. Picca e Colle Madonna - M. La Queglia.
In seguito, nel Pliocene medio-superiore e nel Pleistocene, le spinte tornano ad assumere direzione antiappenninica, causando ulteriori deformazioni, testimoniate appena a N dell’area in esame dalle strutture a direzione appenninica di Cima delle Scalate - Pietragrande, M. Morrone - Le Rocchette, M. Bertona - Pietra Rossa, costituite dai conglomerati calcarei di età pliocenica inferiore.
In queste fasi tettoniche vengono inoltre riutilizzati piani di accavallamento preesistenti, per cui si assiste ad una traslazione ancora più accentuata delle unità carbonatiche, fino a sovrapporsi ai depositi terrigeni più recenti.
Stratigrafia
Nella zona esaminata in questo rilevamento affiorano terreni diversi per collocazione stratigrafica e significato geodinamico. Essi possono essere differenziati come segue:
- unità carbonatiche, di età comprese tra il Cretacico superiore ed il Miocene medio; appartengono in genere a facies di transizione (scarpata - piede di scarpata) e vanno a costituire i rilievi di M. Cappucciata, M. Fiore e Colle Madonna;
- unità argilloso - arenacee mioplioceniche di origine torbiditica, che affiorano estesamente nella parte collinare orientale dell’area rilevata, e conglomeratiche di ambiente di delta - conoide, di età pliocenica inferiore, che ricoprono trasgressivamente alcuni rilievi dell’area, ed affiorano intercalate ai depositi torbiditici, segnando l’inizio della sedimentazione pliocenica (CRESCENTI et alii, 1980);
- unità continentali di età quaternaria, costituite da: depositi alluvionali terrazzati, situati in prossimità di Civitella Casanova, Vicoli e Civitaquana; depositi lacustri, affioranti in Valle Voltigno; travertini; detrito di falda, parzialmente o localmente cementato, che si rinviene ai piedi dei rilievi.
Per la distinzione delle formazioni sono stati adottati criteri bio - litostratigrafici, in base alle osservazioni dei rapporti geometrici alla scala dell’affioramento e all’analisi in sezione sottile delle associazioni fossilifere. Per quanto riguarda la loro nomenclatura, si è ritenuto opportuno attribuire a ogni formazione una denominazione che esprima in modo compiuto le peculiarità della litologia o del contenuto paleontologico.
Nella descrizione dei vari litotipi affioranti verrà fatto riferimento ai punti di stazione, che saranno indicati con la numerazione riportata sulla carta ad esse relativa. Verrà inoltre fatta menzione delle sezioni sottili (n. 70) dei campioni esaminati, anche essi riportati sulla carta suddetta.
Unità carbonatiche
Le unità carbonatiche affioranti nella zona possono venire suddivise in tre distinte serie stratigrafiche, in parte correlabili tra loro, di cui una caratterizza la dorsale di Colle Madonna, e le altre i rilievi di M. Cappucciata e M. Fiore.
Serie di Colle Madonna
Le unità relative a queste serie affiorano estesamente su tutta la dorsale, da M. Pietra Rossa a I Cimoni.
La successione è stata ricostruita principalmente in base alla sezione naturale nella gola del Rivo Chiaro, dove essa affiora in continuità stratigrafica. In verità alcune parti di essa sono inaccessibili o non visibili a causa della vegetazione, ma comunque estrapolabili grazie alla vicinanza di esposizioni di litologie diverse.
La serie di Colle Madonna è composta dalle seguenti formazioni, partendo dalla più giovane (fig. 4):
- Calcareniti a Litotamni;
- Marne arenacee grigie;
- Calcari detritici;
- Calcari marnosi verdastri;
- Micriti rosa e avana;
- Micriti bianche;
- Calcari bioclastici.
Diamo ora le descrizioni delle singole unità, iniziando da quella più antica.
Fig. 4 - Panoramica sulla successione di Colle Madonna: 1) Calcareniti a Litotamni; 2) Marne arenacee; 3) Calcari detritici; 4) Calcari marnosi verdastri; a: membro superiore; b: membro inferiore; 5) Micriti rosa e avana; 6) Micriti bianche. Non sono visibili i Calcari bioclastici.
Calcari bioclastici
La formazione più bassa della serie affiora unicamente in località Acqua Grossa, alla base del versante orientale della dorsale di Colle Madonna, al nucleo dell’anticlinale che forma il rilievo stesso (staz. 140 - 141).
Essa è costituita da calcari bioclastici, a grana grossolana, con frattura irregolare e scabrosa, di colore bianco - grigiastro. È evidente una buona stratificazione, con banchi di 50 - 100 cm di spessore, che conferiscono alla formazione una notevole rigidità.
A causa della sua posizione al nucleo della grossa piega, sul fronte principale di accavallamento, l’unità appare molto deformata e fratturata; risulta quindi problematico definirne lo spessore parziale affiorante, che è stato desunto dai profili geologici. Esso sembra aggirarsi intorno ai 50 m.
Il contenuto fossilifero, ad occhio nudo, è dato principalmente da frammenti di Rudiste ed Echinidi (fig. 5); sono stati rinvenuti tuttavia denti di Pesci (Pycnodonti). All’analisi in sezione sottile (sez. 115 e 116), sono stati riconosciuti briozoi, alghe calcaree e frammenti di Rudiste ed Echinidi, oltre ad abbondanti intraclasti calcarei. Nell’insieme non è possibile definire l’età della formazione in base alle associazioni fossilifere, non rinvenendosi alcuna fauna di significato stratigrafico.
Fig. 5 – Particolare della superficie di uno strato di Calcari bioclastici. Sono visibili i numerosi frammenti di materiale organogeno rilevati sulla superficie.
Per la sua datazione, almeno per la parte sommitale, ci siamo basati sull’età della formazione sovrastante; il contatto non sembra discordante né lacunoso, e possiamo supporre le due unità in continuità stratigrafica. L’associazione faunistica delle sovrastanti micriti ha evidenziato un’età cretacica superiore, e più precisamente dal Turoniano al Campaniano. Possiamo quindi ascrivere i Calcari bioclastici al pre-Turoniano.
Per quanto riguarda l’ambiente di deposizione, esso sembra localizzarsi sulla scarpata, in prossimità di un margine produttivo, responsabile dell’accumulo di materiali clastici ed organogeni che costituiscono la formazione.
Come già accennato, il limite con la formazione sovrastante è in concordanza stratigrafica. Esso è segnato da intercalazioni di calcari micritici, che si fanno sempre più abbondanti, e si risolve in una decina di metri. Il limite è stato da noi convenzionalmente posto dove la frazione micritica diviene prevalente.
Micriti bianche
Questa unità affiora con continuità su tutto il fronte orientale della dorsale, all’incirca da Case Mosca fino alla terminazione settentrionale de I Cimoni, appena a nord della zona in esame.
Si tratta di calcari micritici sottili, di colore bianco - avorio, a frattura concoide e superficie liscia, molto ben stratificati, in strati di 5 - 20 cm di spessore; abbondanti sono i livelli e i noduli di selce nera ma anche bruna, che caratterizzano la formazione (fig. 6). Frequentemente vi sono intercalazioni di calcare detritico di colore bianco - avana, specialmente nella parte bassa della formazione, in banchi di 50 - 100 cm di spessore, con frattura irregolare. In base ai profili geologici eseguiti, lo spessore della formazione risulta essere di circa 300 m.
Le caratteristiche sedimentologiche di questa unità si mantengono pressoché costanti in tutta l’area esaminata; non si osservano apprezzabili variazioni nella litologia, se non quelle verticali già descritte, e anzi la formazione è sempre ben riconoscibile.
Data la sua posizione al fronte della struttura, essa però appare spesso molto deformata e fratturata. A causa della buona fissilità, è risultato spesso difficile ottenere dei buoni campioni per le sezioni sottili. Le superfici di frattura sono spesso ricoperte da patine di colore verde chiaro, anch’esse caratteristiche. Non è raro incontrare, inoltre, strie di origine tettonica sulle superfici di strato o sulle fratture, dovute a slittamenti intraformazionali durante l’evoluzione tettonica della struttura. A queste cause sono probabilmente ascrivibili anche le grotte che si rinvengono ad esempio sul sentiero sopra alle gole del Rivo Chiaro (staz. 94).
Fig. 6 – Strati di Micriti bianche con selce lungo la gola del Rivo Chiaro. Notare l’intensa fratturazione.
L’età della formazione è stata determinata mediante l’analisi delle faune fossili presenti. Esse sono costituite da Foraminiferi planctonici, che si rinvengono nella frazione micritica, mentre nei livelli detritici si osserva del materiale bioclastico rimaneggiato (frammenti di gusci).
Per quanto riguarda l’ambiente di deposizione, esso sembra localizzarsi sulla scarpata, in prossimità di un margine produttivo, responsabile dell’accumulo di materiali clastici ed organogeni che costituiscono la formazione.
All’esame in sezione sottile (sez. 59, 60, 64, 68, 69, 70, 71 e 72) dei campioni provenienti da vari affioramenti, sono state riconosciute le seguenti forme: Globotruncana coldreriensis; G. gr. linneiana; G. tricarinata; G. coronata; G. calcarata; G. bulloides; G. stuarti; Heterohelix sp.; Calcisphaerulidi.
Al microscopio sono visibili, all’interno della micrite, bande di materiale finemente detritico, invisibili ad occhio nudo (sez. 70 e 72), in cui non si rinvengono forme fossili, se non in alcuni Textulariidi e Nodosariidi, di scarso valore stratigrafico.
L’associazione fossilifera rivela un periodo di sedimentazione che va dal Turoniano al Campaniano p.p.; mancano infatti le caratteristiche forme del Maastrichtiano (Globotruncana conica, G. contusa) così ben riconoscibili in sezione sottile.
L’ambiente deposizionale, rispetto alla formazione precedente, sembra essersi spostato verso il bacino, con un approfondimento del mare e conseguente sedimentazione di tipo pelagico. Qui tuttavia si riscontrano ancora le influenze dell’adiacente scarpata continentale, testimoniate dalle intercalazioni di eventi biodetritici.
Il limite con la formazione seguente è netto, in apparente concordanza, ma è segnato, come vedremo nel prossimo paragrafo, da una lacuna stratigrafica, testimoniata dalle faune fossili.
Micriti rosa e avana
Questa unità affiora in modo continuo, bordando il rilievo do Colle Madonna - I Cimoni, e corrisponderebbe alla formazione della Scaglia rosata del lavoro di CRESCENTI (1969).
È costituita da calcari micritici avana - nocciola, ben stratificati, in strati di 20 - 40 cm, a frattura concoide e superficie liscia, con livelli e noduli di selce rossa e marrone, che passano superiormente a calcari micritici rosati, con selce rossa, aventi le stesse caratteristiche di stratificazione dei precedenti. Il passaggio tra le due litologie è segnato costantemente da un bancone detritico di circa 1 m di spessore, di colore bianco, a frattura irregolare e superficie ruvida (fig. 7); altri livelli con le stesse caratteristiche si rinvengono tuttavia a varie altezze all’interno della formazione.
Fig. 7 - Micriti rosa e avana nella gola del Rivo Chiaro. Notare il bancone detritico (b) che separa la micrite avana (c) dalla micrite rosa (a).
L’unità è sempre ben distinguibile dalla sottostante, per la sua colorazione nettamente differente. Essa presenta caratteristiche costanti, almeno nei punti in cui è stata osservata (staz. 84, 95, 118, e nella gola del Rivo Chiaro). Data la sua particolare collocazione stratigrafica, questa formazione affiora generalmente a circa metà della rupe che forma il versante orientale di Colle Madonna, e quindi risulta particolarmente disagevole la sua osservazione.
L’analisi microscopica ha evidenziato una fauna planctonica per quanto riguarda la porzione micritica, mentre nei calcari detritici sono state rinvenute varie forme di Macroforaminiferi, oltre ad alghe calcaree e Miliolidi.
Nelle varie sezioni sottili esaminate (sez. 53, 55, 56, 61 e 63) sono state riconosciute le seguenti forme: Globorotalia rex; G. gr. aragonensis; G. gr. velascoensis; G. laevigata; inoltre si rinvengono varie altre forme di Globorotalie di tipo Globigerinoide; nel calcare detritico (sez. 63) sono stati riconosciuti Orbitoididi del genere Discocyclina, Nummuliti, alghe calcaree, oltre a forme cretaciche rimaneggiate (frammenti di Rudiste). Nell’insieme le faune esaminate conferiscono alla formazione un’età eocenica inferiore.
Tra questa unità e la sottostante, del Cretacico superiore, esiste quindi una lacuna di sedimentazione, che si protrae dal Maastrichtiano fino a tutto il Paleocene. Essa però non è contrassegnata da alcuna discordanza angolare visibile, e pertanto è probabilmente dovuta a movimenti essenzialmente verticali, responsabili di un abbassamento del livello marino, ed emersione parziale e temporanea dei terreni già sedimentati. Tuttavia, all’interno delle micriti avana non si riconoscono forme maastrichtiane rimaneggiate, e potremmo ipotizzare quindi una mancanza di sedimentazione, piuttosto che un’erosione di depositi posteriori al Campaniano.
È probabile che lo sviluppo di circa 15 m riscontrato per questa formazione nella zona investigata sia più cospicuo in altre aree, dove non siano intervenuti fenomeni lacunosi ad alterarne lo spessore reale.
L’ambiente di sedimentazione delle micriti rosa e avana sembra rimanere quello di bacino prossimale, in cui si alterna la deposizione dei calcari micritici con gli apporti detritici dalla vicina zona di scarpata.
Il limite con la formazione successiva è netto, con una variazione della colorazione della litologia, che da rosa - arancio passa a grigio - verdastro. La selce passa da rossa a grigio - bruna.
Calcari marnosi verdastri
Questa formazione, nota in letteratura come Formazione S. Spirito (CRESCENTI et alii, 1969), affiora in genere a quote intermedie lungo la dorsale di Colle Madonna - I Cimoni, e dà luogo a una sorta di pianoro interposto tra le rupi che bordano il versante orientale del rilievo, formando una rottura di pendio facilmente percorribile e che rende agevole l’osservazione. Questo si può vedere ad esempio di fronte a Case Mosca, dove forma come un “anfiteatro” con l’unità sovrastante, oppure su I Cimoni, dove è molto netta la variazione di pendio. Un piccolo lembo di calcare marnoso affiora anche presso la cima di Colle Madonna, in contatto tettonico con le unità sottostanti, seminascosto dal detrito.
La formazione può essere suddivisa in due membri, con differenti caratteristiche sedimentologiche.
Fig. 8 – Calcari marnosi verdastri, membro inferiore. In basso, particolare di uno strato di calcare detritico con Alveoline e Nummuliti.
Il membro inferiore è costituito da calcari marnosi e micritici di colore grigio - verdastro, a frattura da concoide a irregolare e superficie liscia, con lenti e noduli di selce grigia o bruna. La stratificazione è buona, con strati di 20 - 40 cm di spessore. Anche qui troviamo intercalazioni frequenti di calcari detritici cristallini, di colore bianco - grigiastro, in stati di 30 - 70 cm, ben rilevati rispetto ai calcari marnosi (fig. 8). Verso l’alto queste intercalazioni diminuiscono sia nel numero sia nello spessore, fino a scomparire totalmente.
Il membro superiore è composto di marne calcaree azzurro - verdastre, molto scagliettate, e calcari marnosi in strati di 10 - 20 cm, con selce bruna in lenti e noduli (fig. 9a).
Fig. 9a – Calcari marnosi verdastri, membro superiore. È evidente la colorazione più azzurra e la maggiore componente argillosa rispetto al membro superiore.
Lo spessore totale della formazione è di circa 100 - 110 m, di cui 70 - 80 m ascrivibili al membro inferiore, ed una trentina a quello superiore.
Le faune fossili presenti in questa unità sono molto abbondanti, e sono costituite prevalentemente da Foraminiferi planctonici; negli strati detritici è rappresentata invece una ricca fauna a Macroforaminiferi.
All’analisi microscopica dei campioni prelevati nel membro inferiore (sez. 50, 51 e 52) sono state riconosciute forme grandi di Globorotalie, e più in particolare Globorotalia bullbrooki, G. gr. velascoensis, G. soldadoensis, G. cerroazulensis, Truncarotaloides topilensis, e forme non determinate di Globigerinidi.
Nell’unico campione di calcare bioclastico (sez. 50) sono state riconosciute: Alveolina sp., con pareti spesse in cui si rinvengono indizi di flosculinizzazione; Discocyclina sp.; Nummuliti; alghe calcaree; sono presenti inoltre numerosi intraclasti. Le associazioni ora descritte attribuiscono al membro inferiore un’età eocenica media e superiore.
Fig. 9b – Limite Calcari marnosi verdastri – Calcari detritici.
Nel membro superiore (sez. 47 e 48) sono state riconosciute altre forme, in prevalenza Globigerinidi più globosi, di dimensioni minori, ed in particolare Globigerina venezuelana e Catapsidrax dissimilis, che conferiscono all’unità un’età oligocenica inferiore e media.
Nel suo insieme la formazione corrisponde ad un periodo di sedimentazione che va dall’Eocene medio all’Oligocene medio, e pertanto risulta in continuità stratigrafica con quella sottostante.
L’ambiente deposizionale appare analogo ai precedenti, almeno per il membro inferiore, in cui però si possono rintracciare condizioni di fondali più fangosi, data la apprezzabile componente marnosa; questa, nel membro superiore, diviene predominante, a testimonianza di fenomeni di instabilità tettonica in aree più interne dell’Appennino.
Il limite con la formazione successiva (fig. 9b) è molto netto, in quanto le due unità sono molto differenti dal punto di vista litologico. Esso in genere non è direttamente visibile se non in alcuni punti, poiché, formando un brusco stacco morfologico, vi si accumulano notevoli quantità di detrito di falda, ostruendone la visione. Un buon punto di osservazione si trova alla sorgente del Rivo Chiaro (staz. 98), dove si vedono gli stati di marne verdastre sormontati dal calcare detritico sovrastante (fig. 9b).
Calcari detritici
L’unità consiste in calcari detritici molto compatti, a grana grossolana, di colore grigio avana, con frattura irregolare a superficie ruvida e scabrosa. La stratificazione non è sempre molto ben evidente; in alcuni punti si possono osservare strati con spessore di 30 - 100 cm, mentre in altri la giacitura è massiva, con banchi di due o più metri (fig. 10). Caratteristica è la loro sonorità in seguito a percussione, come anche l’odore caratteristico dovuto a particolari licheni o muschi che sembrano attecchire preferibilmente su questa litologia.
Al suo interno sono spesso visibili ad occhio nudo radioli di Echinidi e frammenti di guscio non identificabili; con l’ausilio della lente si riconoscono varie forme di Foraminiferi.
La formazione, il cui spessore dovrebbe aggirarsi intorno ai 60 m, affiora con continuità su tutta la dorsale, da M. Pietra Rossa fino alle ultime propaggini settentrionali de I Cimoni, e dà luogo a rupi scoscese ben riconoscibili (fig. 11).
A M. Pietra Rossa costituisce l’unità più bassa della serie sovrascorsa, ed è quindi molto alterata e tettonizzata, al punto di non potersi osservare alcun tipo di stratificazione. Qui non è visibile il suo limite inferiore, che è però evidente più a nord, specialmente all’inizio della gola del Rivo Chiaro, più volte menzionata.
Nella parte basale la granulometria si fa più grossolana, di colore scuro, con piccoli ciottoli e granuli con dimensioni dell’ordine dei 2 mm, ed è presente una notevole quantità di glauconite.
Queste peculiarità denotano un ambiente di deposizione, per questa porzione iniziale della formazione, a sedimentazione scarsa o assente, di bassa profondità, dove possano formarsi minerali autigeni come la glauconite. Al di sopra di questa parte basale di circa 3 o 4 m di spessore, la formazione assume le caratteristiche già descritte.
Fig. 10 – Calcari detritici in grossi banchi, affioranti su Colle Madonna.
Alle spalle della dorsale, quest’unità dà luogo a delle “lame” di roccia allungate in direzione meridiana, molto pendenti verso W, delimitate alla base da superfici di sovrascorrimento. Questo sembra dovuto alla notevole rigidità di questa formazione, che durante la compressione responsabile della messa in posto della struttura in esame, si è sovrapposta a formazioni più recenti, formando i raddoppiamenti della serie visibili lungo tutta la cresta de I Cimoni.
In alcuni punti (staz. 116, 137, 139) è stato rinvenuto un livello conglomeratico a denti di Pesci; lo scheletro è costituito da clasti di varia natura, a granulometria variabile, con numerosi radioli di Echinidi e denti di Pesci Teleostei e Selaci, mentre la matrice è costituita da un calcare detritico con le stesse caratteristiche della formazione in esame. Questo orizzonte è sempre ben riconoscibile, poiché gli elementi più grossolani sporgono dalla roccia rendendosi ben evidenti.
Sono stati analizzati vari campioni (sez. 35, 45, 46 e 49) per determinare le associazioni fossilifere, e la presumibile età della formazione.
Fig. 11 – Tipica rupe dei Calcari detritici.
In sezioni campionate alla base (sez. 35 e 49) sono state riconosciute varie forme di Macroforaminiferi; in particolare: Lepidocyclina sp., molto abbondante; poi Amphistegina sp.; Rotaliidi, briozoi, alghe, Echinidi, Miliolidi, associati ad una grossa quantità di intraclasti, per la maggior parte micritici o di origine biogena, e granuli di glauconite. L’associazione fossilifera rivela un’età riferibile alla parte alta dell’Oligocene superiore.
In sezioni provenienti dalla parte alta della formazione (sez. 45 e 46) è stata rinvenuta un’associazione ascrivibile al Miocene inferiore (Aquitaniano) costituita da Amphistegina sp., Miogypsina sp., Elphidium sp., Heterostegina sp., frammenti di Lepidocycline, Litotamni, briozoi, intraclasti micritici e biogeni.
I denti di Pesci del livello conglomeratico sito nella porzione mediana della formazione possono essere riferiti al Miocene inferiore, ed anzi non è escluso che la presenza del conglomerato segni l’inizio della sedimentazione miocenica, anche se non sussistono prove a sostegno di tale ipotesi.
La formazione dei Calcari detritici, quindi, rappresenterebbe un periodo di sedimentazione che va dall’Oligocene sommitale al Miocene inferiore; riferendosi alla letteratura geologica, essa può essere correlata alla Formazione Bolognano p.p. (CRESCENTI et alii, 1969).
Marne arenacee grigie
Questa formazione affiora lungo tutta la dorsale, sul versante orientale. Solitamente è segnata da un addolcimento dell’acclività del pendio, ed è spesso coperta da un manto erboso. Le esposizioni sono comunque abbastanza continue lungo tutto il rilievo, dove l’acclività e l’erosione mettono in luce la formazione.
Questa è costituita da marne calcareo - arenacee, molto fogliettate, di colore grigio - avana, in stati di pochi centimetri di spessore. In alcuni punti si rileva una componente più argillosa, mentre in altri è presente glauconite (ad esempio, sotto M. Pietra Rossa, nei pressi della strada asfaltata).
Al suo interno sono spesso visibili noduli di limonite e impronte di Bivalvi e briozoi, anch’essi a volte limonitizzate. Lo spessore della formazione è di circa 10 metri.
Nelle sezioni sottili ricavate dai campioni prelevati (sez. 42 e 65) è stata riconosciuta una associazione a Globigerinidi, oltre a frammenti di gusci di Molluschi, alghe calcaree, Rotaliidi, Foraminiferi bentonici biseriati, e granuli di glauconite. Più in particolare, Orbulina sp., Globigerina sp., Globigerinoides sp., che ci permettono di riferire la formazione al Miocene medio (Langhiano p.p.).
Per quanto riguarda l’ambiente de posizionale, esso dovrebbe essersi spostato, rispetto alla formazione precedente, verso condizioni di mare aperto, con influenze terrigene.
La formazione dovrebbe corrispondere ad un periodo di bassa produttività a scarsa sedimentazione, data la presenza di glauconite, condizioni probabilmente dovute ad un innalzamento temporaneo del livello marino. Nella formazione seguente, infatti, si ripristinano, come vedremo in seguito, condizioni di ambiente neritico aperto.
Il limite superiore delle marne arenacee, come quello inferiore, è molto netto (fig. 12). In corrispondenza di esso aumenta la quantità di glauconite, e si passa alle calcareniti della formazione sovrastante.
Calcareniti a Litotamni
Questa formazione, che chiude la serie di Colle Madonna, affiora estesamente su tutto il rilievo; si segue bene lungo tutta la cresta ed il versante occidentale, dove è in contatto tettonico con i depositi torbiditici miopliocenici.
L’unità consta di varie facies, eteropiche tra loro, che secondo la nostra interpretazione rispecchiano un ambiente deposizionale molto articolato e variato.
Alla base, al limite con le Marne arenacee, troviamo una calcarenite glauconitica, a grana fine, non molto compatta, di colore avana - ocra, con frattura irregolare (fig. 12).
Fig. 12 – Limite Marne arenacee – Calcareniti a Litotamni nella loro facies glauconitica.
La stratificazione è buona, con strati di circa 20 cm di spessore. A circa 1 m dalla base troviamo un livello a Ostreidi e Pectinidi, che si riscontra sempre e può essere considerato come “livello - guida” per la base della formazione. La glauconite è qui molto abbondante, in piccoli granuli verde scuro dell’ordine del millimetro. Salendo nella formazione, la glauconite tende a scomparire, malgrado se ne rinvengano sporadicamente alcuni granuli anche più in alto; le facies poi si differenziano.
In alcuni punti quest’unità è costituita da calcareniti a grana fine, molto compatte, a frattura scheggiosa ed irregolare; i giunti di stratificazione hanno andamento irregolare, ondulato e anastomizzato (fig. 13).
Fig. 13 – Calcareniti a Litotamni nella loro facies più diffusa.
La colorazione di queste calcareniti è molto variabile; sono generalmente di colore avana chiaro, ma in alcuni affioramenti arrivano al nocciola scuro fino al grigio scuro (staz. 42, nella gola del Torrente Nora, alla terminazione meridionale di M. Pietra Rossa).
In altri punti si rinvengono calcari bianchi a matrice più fine, in banchi dell’ordine del mezzo metro, a frattura irregolare e superficie liscia. Sulla superficie risaltano le macchie lattiginose costituite da Litotamni, di dimensioni anche fino a 5 cm, che caratterizzano questa facies. È interessante il fatto che la facies calcarenitica e quella a Litotamni si rinvengano in eteropia anche nell’ambito di uno stesso strato, come alla staz. 52.
Un’altra facies ben rappresentata, sempre in eteropia con le altre, è costituita da calcareniti avana, a grana leggermente più grossolana, con forti concentrazioni di Operculine ed Heterostegine, anche rilevate sulla superficie erosa, che a volte costituiscono la litologia stessa (fig. 14).
Fig. 14 – Forme fossili nelle Calcareniti a Litotamni: placca di Echinide e sezione di Heterostegina sp. (x10).
In altri punti ancora si incontrano, più raramente, marne calcaree grigio scuro, molto alterate e clivate, con impronte di Pectinidi, Ostreidi ed altri bivalvi. Questa facies è in genere eteropica alle calcareniti scure.
Bivalvi, impronte di Anellidi (Cylindrites, Ditrupa), radioli di Echinidi e Coralli solitari, costituiscono la macrofauna riscontrabile in genere in tutta la formazione; la microfauna, riconosciuta in vari campioni (sez. 8, 38, 40, 41 e 43) è costituita da un’associazione a Globigerinidi, tra cui: Orbulina sp., Globigerinoides trilobus, Globigerina sp. Si rinvengono poi Elphidium sp., Heterostegina sp., Operculina sp., numerosi Litotamni, briozoi, Textulariidi, Miliolidi, Rotaliidi, frammenti di gusci, che completano le faune riscontrabili. Sono presenti poi abbondanti intraclasti calcarei e, nelle sezioni della parte basale (sez. 40 e 43), abbondante glauconite. Questa associazione è ascrivibile al Miocene medio, e più precisamente al Langhiano p.p. - Serravalliano.
Come abbiamo già accennato, le varie facies riflettono condizioni deposizionali molto articolate, ma ricollegabili ad un ambiente neritico aperto, infralitorale; i fondali più bassi e stabili sono rappresentati dai calcari con abbondanti Litotamni, Echinidi e Foraminiferi bentonici, mentre per le facies a granulometria più sottile si può ipotizzare una collocazione più distale, dove prevalgono i planctonici e i bivalvi.
Lo spessore parziale affiorante della formazione dovrebbe aggirarsi intorno ai 50 m.
Serie di Monte Fiore
Questa serie affiora lungo tutto il fronte della dorsale che comprende i rilievi di M. Cappucciata, M. Fiore e Bosco Battituro, ed è costituita da terreni compresi tra l’Oligocene superiore e il Miocene medio. Essa è stata ricostruita in base agli affioramenti disseminati lungo tutto il versante occidentale della suddetta dorsale, e consta dei seguenti tipi litologici:
Calcareniti laminate
L’unità più antica della serie affiora estesamente in tutto il settore occidentale del rilevamento, alla base dei rilievi di M. Cappucciata, M. Fiore e Bosco Battituro.
Essa è costituita da calcareniti a grana fine di colore avana, a volte glauconiti che, molto ben stratificate, in strati che vanno dai pochi mm fino a venti o trenta cm di spessore. La frattura è in genere piana, a superficie ruvida. Gli strati sono dotati di una buona fissilità, ed è possibile ridurli a lastrine di pochi mm di spessore.
Fig. 15 – Una sezione naturale di Calcareniti laminate che mostra la perfetta stratificazione.
La superficie degli strati è spesso cosparsa di dendriti di ossidi di manganese, che sono ulteriore conferma dell’ottima stratificazione (fig. 15). A volte sono presenti sottili livelli argillosi interstrato.
La formazione non si presenta ovunque con le stesse caratteristiche. Accanto alla facies già descritta, che è la più frequente, si rinvengono punti a sedimentazione più marnosa, o anche arenacea (ad esempio in stazione 164), in episodi lentiformi di limitata estensione verticale ed orizzontale, oppure più calcarea, compatta, sonora alla percussione.
In altri punti (staz. 53 e 72) la facies è caratterizzata da calcareniti porose a granulometria variabile, con notevole quantità di materia organica carboniosa e arrossata, alternate a calcareniti a laminazioni convolute, rese evidenti da livelletti di materiale più grossolano, che testimoniano una risedimentazione del sedimento (fig. 16); sono inoltre presenti impronte di fondo.
Fig. 16 – Calcareniti laminate - Laminazione convolute dovute a probabile risedimentazione all’interno della litologia stessa, in affioramento sul M. Fiore.
A volte si incontrano anche episodi conglomeratici, con clasti dell’ordine dei 2 cm immersi nella matrice calcarenitica. Queste caratteristiche potrebbero indicare una instabilità tettonica durante il periodo di sedimentazione dell’unità, che si è determinato mediante l’analisi in sezione sottile di alcuni campioni, e dai rapporti con la formazione successiva, più facilmente databile.
I macrofossili sono rappresentati da Pectinidi e frammenti di altri gusci non individuabili, articoli di Crinoidi, radioli di Echinidi, Anellidi (Cylindrites sp.). Al microscopio (sez. 92, 93, 125, 126 e 127) sono riconoscibili frammenti di briozoi, di Lepidocycline, di Miogypsine, alghe calcaree, e una notevolissima quantità di materiale detritico, anche di natura biogena, molto fine. La scarsa fauna non permette una datazione precisa, ma si può assimilare la formazione ad un Oligocene sommitale - Miocene inferiore (Aquitaniano). Sono presenti inoltre (sez. 126) Globigerinidi ricristallizzati, la cui determinazione risulta estremamente difficile.
L’ambiente deposizionale appare essere quello neritico aperto, spostato leggermente verso la scarpata, ma comunque vicino ad aree altamente produttive, come risulta dall’abbondanza del materiale detritico e bioclastico risedimentato, sottoposto a limitato trasporto. La glauconite rinvenuta rappresenta temporanei intervalli di scarsa sedimentazione, e conferma le condizioni di mare poco profondo.
Lo spessore totale, che può essere solo parziale in quanto non si riconosce alcuna formazione più antica, è stato dedotto dai profili, e si aggira intorno ai 300m.
Il limite superiore della formazione è osservabile nella valle vicino alla terminazione meridionale di Colle Madonna (staz. 189 e 190). Esso è netto, segnato qui da una rottura di pendio, in quanto la formazione appare più erodibile della sovrastante, costituita da calcari detritici più compatti. In corrispondenza di tale limite si rinviene del conglomerato di debole spessore, costituito da piccoli ciottoli calcarei immersi in una matrice calcareo - detritica, probabilmente dovuto ad una breve fase erosiva che prelude alla deposizione del calcare detritico. Questa fase erosiva può aver avuto origine da una riduzione di profondità del bacino di sedimentazione.
Calcari detritici a Litotamni
L’unità più recente della serie di M. Fiore è esposta in modo discontinuo sui vari rilievi della zona. È stata osservata in varie località; ad esempio lungo la strada brecciata in prossimità della F.te dei Trocchi, oppure in Valle d’Ombra, o ancora nella sua prosecuzione verso SE.
La formazione è costituita da calcari detritici a grana grossolana, di colore avana, con frattura irregolare e superficie ruvida. La stratificazione non è sempre molto evidente; la giacitura è spesso massiva, in banchi di oltre 1 m di spessore, ma a volte si riconoscono strati di minore potenza (circa 50 cm).
In alcuni punti, come ad esempio in prossimità di Valle Voltignolo, si individua una facies più detritica, con clasti di dimensioni di circa 4 o 5 mm, di natura calcarea o selciosa. Come abbiamo già accennato, alla base della formazione si rinviene un livello conglomeratico di limitato spessore, la cui genesi può essere ricondotta ad un abbassamento temporaneo del livello marino, oppure a fenomeni tettonici operanti in zone contigue.
Le macrofaune sono costituite da Pectinidi e abbondanti radioli di Echinide, in alcuni punti molto addensati.
L’analisi in sezione sottile (sez. 89, 135, 136, 137 e 140) ha rivelato la presenza di Elphidium sp., frammenti di Heterostegina sp. e Operculina sp., manicotti calcarei di alghe Dasycladacee, frammenti di briozoi, Litotamni, Rotaliidi, Foraminiferi bentonici monoseriati, scarsi Foraminiferi planctonici (Globigerinidi).
L’associazione fossilifera ora descritta è riferibile al Miocene medio (Langhiano - Serravalliano).
Le condizioni di sedimentazione sembrano le stesse di quelle della formazione precedente, con un lieve spostamento verso zone più costiere, sempre nell’ambito di un ambiente deposizionale neritico aperto.
La formazione è coperta trasgressivamente da conglomerati calcarei, che affiorano estesamente su tutto il rilievo di M. Fiore - Bosco Battituro, che non permettono di osservare eventuali formazioni successive a questa appena descritta, né di stabilirne con certezza l’entità dello spessore, che sembra essere di circa 100 m.
Serie di Monte Cappucciata
Anche questa serie affiora estesamente lungo la dorsale montuosa più volte menzionata, in contatto tettonico per faglia inversa su quella di M. Fiore. Le unità che compongono questa serie presentano età che vanno dal Cretaceo al Miocene; sono state riconosciute e distinte le seguenti formazioni.
Calcari organogeni
Questa litologia affiora, alla base della serie, in varie aree della zona, quali Valle Voltigno, o più a sud, in Bosco Cannatino, oppure sulla parte alta di M. Cappucciata.
La formazione è costituita da calcari detritici a grana molto grossolana, di colore bianco - grigio, con una frazione bioclastica molto abbondante, che in alcuni punti è prevalente e anzi costituisce la litologia stessa. La frattura è molto irregolare, con la superficie scabrosa e ruvida. Questi calcari sono molto ben stratificati, in strati di 30 - 40 cm di spessore. La formazione è molto ben riconoscibile sul terreno per la presenza di frammenti di forme fossili rilevate sulla superficie alterata della roccia (fig. 17).
Fig. 17 – Masso di Calcare organogeno. In basso (ingrandimento del riquadro), particolare di un frammento di Corallo (x10)
Si possono riconoscere frammenti di Coralli, Echinidi, Crinoidi, Molluschi (probabilmente Rudiste), tutti organismi cioè di facies di scogliera.
In sezione sottile, tuttavia (sez. 119, 144, 146) non si riconoscono altre forme, oltre a quelle già menzionate. Verso l’alto, ai calcari bioclastici si intercalano alcuni livelli di calcare micritico, che fanno da passaggio alla formazione successiva. In questi livelli (sez. 121) è stata rinvenuta un’associazione a planctonici, e più in particolare a Rotalipora cfr. appenninica ed altri Globigerinidi (probabilmente Hedbergelle), che conferiscono al questa parte della formazione un’età ascrivibile al Cenomaniano. Per analogia ai Calcari bioclastici della serie di Colle Madonna, datiamo questa formazione al pre-Turoniano.
Riguardo allo spessore della formazione, non essendo visibile il limite inferiore, possiamo riferirci solamente allo spessore parziale affiorante, che è di circa 200 m.
Il limite superiore, come abbiamo già detto, sfuma gradualmente mediante l’interposizione di livelli micritici, risolvendosi nell’arco di una decina di metri. Si passa poi alla formazione sovrastante, che pure ha frequenti intercalazioni detritiche.
L’ambiente di deposizione dei Calcari organogeni è quello di scarpata continentale, sede di accumulo di materiale biodetritico derivante dallo smantellamento di edifici carbonatici biocostruiti.
Micriti con selce
Questa unità affiora, come abbiamo visto, in continuità stratigrafica con la precedente. Si rinviene estesamente nell’area nord - occidentale della zona, in prossimità di Valle Voltigno e di Bosco Cannatino, ed anche più a sud, sul M. Cappucciata.
Il suo limite inferiore è ben visibile lungo la strada brecciata che borda il versante settentrionale del Bosco Battituro (fig. 17). Dopo le prime intercalazioni micritiche, la frazione detritica si fa meno abbondante, consistendo in banchi che regolarmente si alternano a calcari micritici bianchi con livelli e lenti di selce nera.
La formazione è praticamente del tutto analoga a quella delle Micriti bianche della serie di Colle Madonna. Ne differisce tuttavia per la maggiore quantità di materiale detritico, e per lo spessore che appare più esiguo. Dai profili questo dovrebbe essere di circa 200 m.
Fig. 18 – Strati di Micriti con selce affioranti nei pressi di Valle Voltigno.
Il suo limite superiore non è osservabile sul terreno, ma dovrebbe essere netto, in quanto la litologia successiva è trasgressiva sulla formazione in esame, e non è ovviamente possibile alcun passaggio graduale.
L’ambiente deposizionale è analogo a quello delle Micriti bianche della serie di Colle Madonna; esso però appare spostato verso zone più prossimali, data la maggiore quantità di materiale bioclastico e lo spessore più esiguo.
Calcari detritici
Questa unità, la più alta della serie, si rinviene sulla cresta che corre in direzione meridiana sul M. Cappucciata.
La litologia è costituita da calcari detritico - organogeni di colore bianco - grigiastro, a grana grossolana, con frattura irregolare e superficie ruvida; gli strati, ben evidenti, hanno uno spessore di circa 50 cm.
La formazione affiora per uno spessore parziale di una cinquantina di metri, ricavabile dai profili geologici, in quanto non vi sono esposizioni continue di questa unità. Inoltre, la zona sommitale del M. Cappucciata è ricoperta di boschi, tranne che per la cresta già menzionata, e quindi l’osservazione degli affioramenti e dei rapporti geometrici è molto discontinua.
Nei campioni esaminati in sezione sottile (sez. 130 e 131) sono stati rinvenuti, oltre ad intraclasti calcarei di varia granulometria, forme di Rotaliidi, briozoi, frammenti di Lepidocycline, di Nummuliti, di gusci di Rudiste, radioli di Echinide, Foraminiferi planctonici rimaneggiati, alghe calcaree. L’associazione faunistica rivela un’età ascrivibile all’Oligocene superiore - Miocene inferiore.
È quindi evidente che tra questa formazione e la sottostante, di età cretacica superiore, esista una lacuna stratigrafica, che comprende quasi tutti il Paleogene. Ciò è in accordo con i dati provenienti da varie zone dell’Appennino centrale, dove si segnalano fenomeni analoghi. Non dimentichiamo poi che nella serie di Colle Madonna, tra le Micriti rosa e avana e i sovrastanti Calcari marnosi verdastri esiste una lacuna, seppure di minore durata.
Quest’ultima notazione ci fornisce anche indicazioni circa le condizioni di deposizione della formazione. La sedimentazione dell’unità si esplica in condizioni di ambiente neritico prossimale, soggetto ad emersioni prolungate che portano alla diretta sovrapposizione dell’unità a terreni cretacei di ambiente di scarpata - bacino.
Unità argilloso - arenacee
Le unità argilloso - arenacee, in facies torbiditica, affiorano estesamente in tutta la parte centro - orientale dell’area esaminata, dalle zone a ridosso dei rilievi carbonatici meso - cenozoici, con cui si trovano in contatto tettonico, fino ai settori più ad est.
Il rilevamento di questa successione è stato eseguito su basi essenzialmente litostratigrafiche, in quanto le faune fossili, esclusivamente microscopiche, sono molto scarse o assenti. Inoltre la formazione è stata oggetto di numerosi studi, che ne hanno definito le caratteristiche sedimentologiche, stratigrafiche e deposizionali. È stato quindi possibile assimilare la successione torbiditica alla formazione del Flysch della Laga auctorum, datata dal Messiniano al Pliocene inferiore.
La sequenza è, nella zona, fortemente deformata e dislocata, sia da fenomeni plicativi che disgiuntivi, per cui non sono reperibili sezioni in cui essa sia completamente in esposizione. Tuttavia ne sono stati ricostruiti vari spezzoni, relativi a diversi punti dell’area, che possono essere correlati tra loro in modo tale da risalire alla successione completa con un buon grado di approssimazione.
A questo scopo si è rivelato molto utile il riconoscimento, in seno alla formazione, di due orizzonti - guida, che hanno permesso di rapportare i vari tratti di serie tra loro.
Il primo è costituito da un livello a gessi, mentre il secondo da conglomerati calcarei, correlabili a quelli affioranti al tetto delle serie calcaree di M. Fiore e M. Cappucciata.
Prima di procedere alla descrizione delle serie riconosciute, definiamo le varie facies che si riscontrano nell’ambito della successione torbiditica.
Facies pelitico - arenacea
È caratterizzata da un basso rapporto arenaria/argilla(<<1). La sequenza è costituita da sottili livelli arenacei di colore avana, a grana fine, intercalati a pacchi di argille grigie finemente laminate di circa 1 o 2 metri di spessore (fig. 20). Spesso la stratificazione è nascosta da un sottile velo di alterazione, dovuto a fenomeni di rigonfiamento dell’argilla in seguito a imbibizione di acqua. Inoltre, è a questo livello che in genere si impostano le forme calanchive che bordano le colline della zona.
Fig. 20 – Flysch della Laga: facies pelitico – arenacea, nei pressi del Fosso di Fabbrica.
Questa facies è presente sia nella parte basale che in quella sommitale della successione torbiditica, almeno da quanto risulta dai rapporti stratimetrici. Nelle aree più ad est, cui corrisponderebbe la parte più alta della formazione, la facies pelitico - arenacea termina con due grossi banchi di arenaria a grana più grossolana di circa 4 - 5 metri di spessore (fig. 21). Alla base della successione inferiore è invece presente il livello a gessi.
Fig. 21 – Flysch della Laga, nei pressi di Vicoli. Sono visibili i due banchi di arenaria che chiudono la facies pelitico-arenacea.
Facies arenaceo - pelitica
In questa facies aumenta il rapporto arenaria/argilla, che si attesta intorno a valori circa uguali ad 1. È costituita da alternanze ritmiche di strati di 5 - 10 cm di arenaria avana a grana da fine a grossolana, e argille grigio - azzurre finemente stratificate, in pacchi di spessore uguale o leggermente superiore (fig. 22). Gli strati arenacei, più competenti, sono spesso rilevati rispetto alla frazione pelitica, più erodibile.
Al tetto di questa successione affiora il livello a conglomerati calcarei, come si può osservare a M. Riccio, Colle Bano o S. Maria delle Macchie.
Fig. 22 – Flysch della Laga, facies arenaceo-pelitica. È evidente la ritmicità delle alternanze arenacee ed argillose.
Facies arenacea
La frazione arenacea è ovviamente prevalente (rapporto arenaria/argilla >>1).
È costituita da strati e banchi di arenaria a grana grossolana, di colore grigio - avana, con sottili livelli argillosi interstrato (fig. 23 e 24). Lo spessore dei banchi è spesso superiore al metro.
Ad una sommaria analisi con la lente, le arenarie risultano composte da granuli di quarzo, minerali argillosi e abbondante mica bianca. Sono presenti a volte dei piccoli clasti calcarei, generalmente organizzati in sottili filari visibili sulla superficie della roccia. Vi è inoltre una forte componente organica, composta da resti carboniosi di frustoli vegetali e frammenti di foglie. Nei banconi più grossi sono osservabili strutture sedimentarie caratteristiche, quali laminazioni piano - parallele, controimpronte di fondo di erosione (groove casts, flute casts), lenti argillose di piccole dimensioni.
Fig. 23 – Flysch della Laga, passaggio dalla facies pelitico-arenacea a quella arenacea, in località Pagliare di Tono.
Fig. 24 – Flysch della Laga, banconi di arenaria della facies arenacea, in località Case Cappuccini, nei pressi di M. Pietra Rossa.
Questa facies appare interposta tra quella pelitico - arenacea con gessi (in basso) e quella arenaceo - pelitica sormontata dai conglomerati. Si può osservare in affioramento a Brittoli, oppure in località Pagliare di Tono, o ancora alle pendici di M. Pietra Rossa.
Livello a gessi
Questa litologia è data da strati di circa 50 cm di spessore, formato da sottili livelli di gesso sericolitico, cristallino, di colore bianco, alternati a piccoli spessori di argille grigiastre, livelli gessarenitici di circa 1 cm di spessore, orizzonti bituminosi o carboniosi; le superfici degli strati sono spesso arrossate, ferruginose (fig. 25 e 26).
Fig. 25 – Affioramento del Livello a gessi nei pressi dell’Abbazia di S. Bartolomeo.
Fig. 26 – Sottile laminazione nel Livello a gessi.
Lo spessore totale è di circa 10 metri. L’unico affioramento è situato lungo la strada che da Carpineto della Nora porta a Colle Madonna, in prossimità della Chiesa di S. Bartolomeo.
Questo livello è riferibile all’orizzonte a gessi, di genesi evaporitica, del Messiniano (GIROTTI & PAROTTO, 1969).
Livello a conglomerati
Gli affioramenti di questa unità sono dislocati in vari punti dell’area, e formano due allineamenti in senso meridiano ben distinguibili morfologicamente. Il primo corre da M. Riccio a S. Maria delle Macchie, a Colle Bano fino a Colle Manganello (fig. 27); la litologia è costituita da conglomerati a ciottoli prevalentemente calcarei da arrotondati a spigolosi di varie dimensioni, in matrice calcareo - arenacea e cemento calcitico.
Fig. 27 – Colle Bano, nei pressi di Carpineto della Nora. Cresta di Conglomerati calcarei intercalati nel Flysch della Laga. Sotto, ingrandimento del riquadro in alto.
Si rinvengono inoltre ciottoli di selce, in genere rilevati sulla superficie degli strati, ed anche di arenarie provenienti dal flysch. La stratificazione non è sempre ben evidente; quando è presente si rinvengono a volte delle intercalazioni di argille grigie di modesto spessore (fig. 28).
Fig. 28 – Lenti argillose nei Conglomerati calcarei a Case Cona.
L’altro allineamento corre più ad est, sempre in senso meridiano, da Colle Vertieri a Colle S. Lucia. Qui l’unità si presenta con caratteristiche diverse; si tratta di un unico banco di circa 5 metri di spessore, di calcarenite molto grossolana, con rari ciottoli che superano il centimetro. Esso forma a Colle Vertieri una “lama” di roccia verticale, che dovrebbe costituire il fianco verticalizzato di una piega a ginocchio ad ampio raggio e vergenza orientale (fig. 29).
Le caratteristiche assai differenti dalla facies “classica” sono state interpretate come sintomo di assottigliamento verso est dell’unità, in posizione cioè più distale rispetto all’area di provenienza del materiale. Questa dovrebbe identificarsi ad ovest con i rilievi calcarei, emergenti durante il periodo di deposizione dei conglomerati.
L’età di questo orizzonte ci viene suggerita dall’analisi delle forme fossili provenienti da un livello di argilla interstrato, confrontata poi con la bibliografia.
Nel lavato è stata rinvenuta un’associazione a Foraminiferi bentonici, di cui molti spezzati o piritizzati. Si riconoscono Bulimina costata, Praeglobobulimina pupoides, Pullenia bulloides, varie forme di Uvigerina, Florilus boneanum, Gyroidina soldani, Melonis pompilioides, Bolivina dilatata, Hastigerina planorbis, Globocassidulina subglobosa; tra i pochi planctonici si riconosce Globigerina bulloides.
Fig. 29 – Lama verticale di Conglomerati calcarei, in facies più distale, in località Colle Vertieri.
Le numerose forme individuate, alcune delle quali rarissime nel Messiniano, indicherebbero un’età pliocenica inferiore. Inoltre, in numerose segnalazioni e lavori da parte di vari autori (FOLLADOR, 1972; CRESCENTI et alii, 1980; GHISETTI & VEZZANI, 1983; SCANDONE, 1988) il livello a conglomerati è riferito al Pliocene basale (zona a Sphaeroidinellopsis), e pertanto sarà qui considerato come appartenente a tale periodo.
Questo livello è correlato ai conglomerati calcarei affioranti estesamente nella zona di Valle Voltigno - M. Fiore - Bosco Battituro, trasgressivi sulle formazioni meso - cenozoiche, già descritti tra le serie carbonatiche.
Ricostruzione dei rapporti geometrici dell'Unità
Nei diversi punti in cui la successione torbiditica si presenta in modo regolare sono stati tracciati dei profili ortogonali alla direzione media degli strati, al fine di ricavare lo spessore relativo ad ogni membro costituente la formazione.
Le serie analizzate sono la serie di S. Bartolomeo - Colle Bano, la serie di M. Riccio e la serie di Civitella Casanova - Vicoli.
Serie di S. Bartolomeo - Colle Bano
Questa serie è costituita da due spezzoni; il più occidentale, sovrascorso sull’altro, appare essere più basso stratigraficamente.
Alla base si rinviene il livello a gessi, intercalato alla facies pelitico - arenacea; essa si sviluppa per circa 450 metri, per poi passare ai banchi di arenaria della facies arenacea. Questa affiora per uno spessore di circa 240 m, e termina contro la struttura carbonatica di M. Pietra Rossa.
Il tratto orientale, invece, relativo a Colle Bano, è costituito alla base dalla facies arenacea, che qui affiora, con la sua porzione superiore, per circa 200 m. Poi iniziano le alternanze ritmiche della facies arenaceo - pelitica, al nucleo di una sinclinale, che fa ripetere la serie; infatti appena più ad ovest si rinvengono ancora i banconi arenacei, che passano di nuovo alla successione arenaceo - pelitica, che si sviluppa per circa 300 m. Superiormente troviamo il livello a conglomerati, di circa 40 m di spessore. A questo succedono circa 150 metri di argilla della facies pelitico - arenacea superiore. La situazione è visibile nel profilo B.
Serie di M. Riccio
Questa serie è analoga a quella di Colle Bano, ma qui affiora il membro arenaceo in tutta la sua estensione. Esso sembra avere uno spessore di circa 280 m.
Serie di Civitella Casanova - Vicoli
Questa serie corrisponde alla parte più orientale della zona. È costituita dall’argilla della facies pelitico - arenacea della facies superiore, al cui tetto troviamo i due banconi arenacei, che si rinvengono in vari punti dell’area, da Vestea (a nord della zona investigata) a Civitella Casanova, a Vicoli.
* * *
In base ai rapporti stratimetrici evidenziati dal rilevamento, le varie sezioni possono essere riorganizzate dal basso verso l’alto in questo modo (fig. 30):
Fig. 30 – Successioni torbiditiche del Flysch della Laga. a: facies arenacea; ap: facies arenaceo-pelitica; pa: facies pelitico-arenacea; c: conglomerati calcarei; g: gessi. 1: Serie di S. Bartolomeo; 2: Serie di M. Riccio; 3: Serie di Colle Bano; 4: Serie di Civitella Casanova - Vicoli
- Serie di S. Bartolomeo, riferibile alla parte più bassa per la presenza del livello a gessi;
- Serie di Colle Bano e serie di M. Riccio, riferibili alla parte intermedia per la presenza del livello conglomeratico;
- Serie di Civitella Casanova - Vicoli, che chiude la successione; non ci sono indicazioni che determinino più precisamente i suoi rapporti con le serie sottostanti.
La successione completa in affioramento dovrebbe avere quindi spessori intorno ai 1.600 metri, come risulta dalla ricostruzione delle varie sezioni in fig. 30.
Unità continentali
A questo gruppo appartengono numerose litologie riconducibili ad un ambiente di sedimentazione subaereo; la loro attribuzione stratigrafica è basata essenzialmente sulle relazioni geometriche con le formazioni già descritte in precedenza, con cui si trovano spesso in netta discordanza angolare; in nessuno di questi terreni infatti si rinvengono faune fossili che possano dare indicazioni sulla loro età.
Tuttavia sono state riconosciute le unità più avanti descritte, anche in riferimento alla successione suggerita nel Foglio Teramo n. 140 della Carta Geologica d’Italia.
Depositi alluvionali
Questa unità affiora nel settore più orientale della zona, dove costituisce dei terrazzi a morfologia tabulare su cui sorgono i paesi di Civitella Casanova, Vicoli e Civitaquana (fig. 31).
Si tratta di conglomerati poligenici scarsamente cementati, spesso incoerenti, formati da uno scheletro di natura prevalentemente calcarea ed in minor misura selciosa o arenacea, e una matrice sabbiosa - argillosa, che conferisce all’unità un colore giallo - avana. I clasti hanno dimensioni molto variabili (0,5 - 10 cm); sono in genere arrotondati e appiattiti, ma non mancano ciottoli spigolosi. La stratificazione è assente, ma si riconosce un andamento circa orizzontale nella geometria tessiturale (fig. 31). I terrazzi sono leggermente digradanti verso est, e si assottigliano fino a scomparire procedendo verso occidente. Lo spessore massimo, che è di circa 10 metri, si rinviene lungo le incisioni dei vari corsi d’acqua che tagliano questi corpi tabulari in direzione antiappenninica, probabilmente ricalcando motivi tettonici presenti nell’unità sottostante.
Fig. 31 – Terrazzi alluvionali di Vicoli (a) e Civitaquana (b).
I terrazzi assumono così una forma allungata in direzione E - W. Il contatto, in evidente discordanza angolare con la formazione torbiditica sottostante (fig. 32), è in genere ondulato, e segue dei paleo pendii presenti al momento della deposizione.
I depositi alluvionali testimoniano la presenza di un apparato fluvio - lacustre di notevole importanza, a quote maggiori delle attuali, ascrivibile genericamente al Pleistocene, in seguito reinciso dai corsi d’acqua, che ne hanno messo in evidenza la struttura geometrica. Questa rielaborazione deve essere messa in relazione ad un abbassamento del livello di base, o se vogliamo, ad un sollevamento dell’area, che ha fatto migrare l’ambiente deposizionale più ad est, instaurando condizioni erosive.
Fig. 32 – Giacitura dei terrazzi alluvionali.
Depositi di origine glaciale
Sono costituiti da terreni incoerenti, terre rosse e suoli di rielaborazione glaciale, che coprono gran parte della Valle Voltigno, a quote di circa 1.350 metri sul livello del mare, nel settore nord - occidentale dell’area. Sono ovunque coperti da una fitta coltre erbosa, che non ne rende possibile l’osservazione diretta.
Le terre rosse sono dovute a carsismo, e sono presenti al fondo delle doline che si incontrano in numerosi punti della valle, frammiste a ciottoli calcarei e terriccio scuro, a forte componente organica.
L’aggettivo “glaciale” è qui inteso nel senso ambientale e non stratigrafico della parola; vuole sottintendere la permanenza delle nevi in questa località per lunghi periodi, cui è dovuta la rielaborazione dei depositi precedenti e la formazione dei suoli.
Vi sono tuttavia evidenze di una certa azione di possibili ghiacciai probabilmente presenti nella zona in età pleistocenica (fig. 33).
Fig. 33 – Caratteristico profilo ad "U" di una valle nei pressi di Valle Voltigno.
Travertini
Sono stati rinvenuti lungo il corso di un ruscello che dalla Valle d’Ombra, sul rilievo di M. Fiore, scende fino a confluire nel Torrente Nora.
Fig. 34 – Travertini vacuolari in località Valle d’Ombra.
Si tratta di travertini ad aspetto vacuolare, bianchi, di ambiente di cascata (sono stati rinvenuti vicino ad una piccola cascatella), riferibili all’Olocene. Sono ricchi in impronte di foglie e frustoli vegetali (fig. 33), ma ve ne sono anche di alabastrini, zonati, fibroso - raggiati.
Si rinvengono appoggiati al substrato, incrostanti o anche in giacitura massiva, in banchi di un metro e di limitatissima estensione orizzontale.
Detrito di falda
A questo gruppo vengono riferite tutte le brecce, cementate o incoerenti, che bordano la fascia pedemontana. Sono in genere organizzate in ampie conoidi, distribuite ai piedi dei rilievi, e formano un’area di raccordo tra la zona montuosa e quella collinare.
Fig. 35 – Detrito di falda parzialmente cementato.
In molti punti si tratta di brecce calcaree etero metriche parzialmente cementate, stratificate, in genere con giacitura a franapoggio, a testimonianza di una stratificazione inclinata sindeposizionale. La matrice è in genere terrosa, di colore scuro; i clasti sono estremamente spigolosi, indice di estrema localizzazione (fig. 35).
Questi depositi si rinvengono in genere a quote più basse, all’incirca alla base dei pendii; più in alto passano a pietraie e conoidi di deiezione tuttora attivi, costituiti da accumuli di ciottoli e blocchi anche di notevoli dimensioni, che franano dai rilievi calcarei sovrastanti; sono in genere sciolti, e al loro interno non è infrequente l’insorgenza di fenomeni franosi a volte di notevoli proporzioni.
Tentativo di correlazione e ricostruzioni paleoambientali
Alla descrizione delle serie caratteristiche dei rilievi carbonatici dell’area, con le loro connotazioni litologiche, stratigrafiche e deposizionali, fa da naturale complemento il tentativo di correlazione tra le varie unità affioranti, per risalire alle situazioni paleogeografiche che si sono andate delineando nell’area a partire dall’epoca di deposizione della più antica formazione riconosciuta.
Va detto che questa ricostruzione deve essere considerata caratteristica della sola zona esaminata, ed ha pertanto un valore locale e non rappresentativo di condizioni paleo ambientali a carattere regionale.
A causa dei fenomeni compressivi dovuti all’orogenesi appenninica, le serie risultano accostate, accavallate, notevolmente deformate, e i raccorciamenti riscontrati fanno sì che i rapporti geometrici tra le varie successioni litologiche non corrispondano pienamente alle relazioni originarie tra le unità stratigrafiche. Tuttavia è riconoscibile una certa uniformità nella sedimentazione, e sono riscontrabili numerose analogie che permettono di effettuare delle correlazioni abbastanza attendibili.
Gli elementi con lo stesso valore stratigrafico identificati nelle tre serie sono (fig. 36):
Fig. 36 – Correlazione tra le serie carbonatiche
- Limite Cretaceo medio s.l. - Cretaceo superiore, individuato nelle serie di M. Cappucciata e di Colle Madonna;
- Lacuna stratigrafica, che nella serie di M. Cappucciata va dal Maastrichtiano all’Oligocene sommitale, mentre nella serie di Colle Madonna è di durata minore, dal Maastrichtiano a tutto il Paleocene; l’Oligocene, almeno per la sua parte sommitale, ed il Miocene inferiore, sono presenti nella serie di M. Fiore;
- Base del calcare a briozoi e Litotamni; nella serie di M. Cappucciata è trasgressiva, mentre è in continuità stratigrafica nelle altre due; questa superficie può essere considerata isocrona, e può identificarsi con la base del Langhiano.
In base ai dati in nostro possesso, si può affermare che ad un ambiente deposizionale infracretaceo di scarpata molto prossimale, a ridosso di un margine produttivo, seguono condizioni di sedimentazione di tipo bacinale, perdurando almeno fino al Campaniano, con deposizione di micriti a planctonici. Le influenze di aree a minori batimetrie sono tuttavia ancora forti, specialmente nelle aree più occidentali, con apporti detritici grossolani che vanno ad intercalarsi ai sedimenti di tipo fangoso.
Questa situazione è seguita da una regressione del mare verso est, che determina una lacuna stratigrafica che dura nell’area per tutto il Paleocene; a partire dall’Eocene inferiore, nelle zone orientali tornano ad instaurarsi condizioni di bacino, con deposizione di micriti e sporadici eventi detritici, mentre ad ovest perdurano condizioni di emersione.
Con l’Oligocene superiore si assiste ad una generale sedimentazione di ambiente neritico aperto, con deposizione di calcari detritici e calcareniti di tipo costiero, ad alta energia, con ricche faune bentoniche ad Echinidi e Macroforaminiferi. È possibile che a est, in corrispondenza con l’area di sedimentazione della serie di Colle Madonna, si sia delineato un altofondo, caratterizzato da un ridotto spessore della formazione oligocenica, e dall’alta energia delle acque, testimoniata dalla mancanza di una matrice fine nella litologia. Queste condizioni possono aver influenzato la stessa messa in posto del rilievo che può essere stata favorita da eventuali discontinuità già presenti nel substrato.
A partire dal Langhiano tutta la zona è caratterizzata da depositi calcarenitici di tipo neritico, con abbondanti faune a briozoi e Litotamni; ad est questa sedimentazione viene preceduta da un evento marnoso, che testimonia un ritardo nell’instaurarsi delle condizioni di ambiente neritico.
Qui le facies langhiane e serravalliane sono articolate, con altifondi e piccoli bacini locali, sede di sedimentazione di tipo diverso ma riconducibili allo stesso ambiente. Alla fine del periodo si instaurano condizioni di sedimentazione torbiditica, con la deposizione sinorogenica del Flysch della Laga in aree di avanfossa. Nelle aree costiere, di raccordo tra le terre emerse e i bacini torbiditici, si costituiscono ambienti deltizi, i cui materiali si accumulano a formare apparati di delta - conoide che in parte vanno a scaricarsi nel bacino attiguo, dando luogo a intercalazioni conglomeratiche nelle successioni argilloso - arenacee del Flysch della Laga.
Tettonica
L’assetto tettonico della zona investigata ricalca la fisionomia deformativa della struttura a scala regionale dell’arco Morrone - Gran Sasso, di cui fa parte (fig. 3).
Le strutture presenti mostrano generalmente intense deformazioni a direttrice N - S legate all’orogenesi appenninica, che ha agito secondo diverse modalità, strettamente controllate da vari fattori, quali l’entità e direzione delle spinte, le caratteristiche meccaniche dei litotipi affioranti e la loro distribuzione nell’area.
I rilievi di M. Cappucciata, M. Fiore e Bosco Battituro, nel settore più occidentale, sono allineati in direzione meridiana, e risultano accavallati verso est secondo più piani di traslazione; il primo, in quota, pone in contatto le unità mesozoiche del M. Cappucciata con quelle neogeniche della serie di M. Fiore, mentre il secondo fa sovrascorrere tutti il rilievo sulle unità torbiditiche, arrivando quasi a ridosso del rilievo di M. Pietra Rossa - Colle Madonna. Queste superfici di traslazione sono state interpretate come piani a basso angolo, dell’ordine dei 15 - 30 gradi, in accordo con le modalità di accavallamento dell’intero fronte del Gran Sasso, segnalate da vari autori (GHISETTI & VEZZANI, 1983; 1986). Essi non sono visibili sul terreno, in quanto coperti da spesse coltri detritiche, ma il loro andamento è stato ricavato da indicazioni di ordine stratigrafico e geometrico, e messo in relazione alle modalità deformative dell’intera area oggetto di studio.
Il fronte è dislocato da piani di scorrimento di tipo trascorrente, interpretati come faglie di trascinamento originatesi durante la messa in posto della struttura. Sembrano avere un ruolo importante in questa fase le strutture rigide che si delineano in posizione avanzata rispetto al fronte, costituite dalla dorsale di Colle Madonna e dei vari rilievi formati dai conglomerati calcarei intercalati alle torbiditi, più estesamente affioranti a nord. Queste strutture fungono da “barriere” rigide che costringono il fronte a “spezzarsi” per reagire alle spinte da ovest.
La struttura di Colle Madonna è interpretabile come una scaglia tettonica enucleata dal substrato, ed appoggiata sulle unità terrigene, in posizione più orientale rispetto ai rilievi più alti della zona; essa può essere correlata a varie altre strutture emergenti al fronte di tutto l’arco Morrone - Gran Sasso, come M. La Queglia, Colle Cantalupo o le scaglie di Roccacaramanico, allineate tutte in direzione N - S.
Il complesso gioco di azioni e reazioni genera intense deformazioni all’interno della formazione torbiditica del Flysch della Laga, che risponde alle spinte deformandosi secondo uno stile a pieghe, data la sua estrema duttilità per la presenza della forte componente argillosa. Le pieghe presentano limitate lunghezze d’onda nelle zone più occidentali, e piani assiali in genere immergenti verso ovest, mentre più a est il raggio di curvatura diviene più ampio.
Anche i depositi torbiditici sembrano interessati da movimenti di tipo trascorrente, desumibili tuttavia solo dalla morfologia dei rilievi; sono evidenti degli allineamenti a direzione antiappenninica, probabilmente imputabili a tali fenomeni.
Da segnalare inoltre le strutture a geometria tabulare di età quaternaria costituite da depositi alluvionali, che non risultano deformate, e che giacciono in discordanza angolare sulle coltri flyschoidi corrugate.
Nella descrizione delle varie deformazioni tettoniche verranno distinte le varie unità strutturali che compongono l’area in esame, in relazione alle caratteristiche meccaniche delle litologie costituenti.
M. Cappucciata - M. Fiore - Bosco Battituro
La dorsale costituita dal M. Cappucciata, nel settore sud - occidentale della zona in esame, è formata da una struttura a geometria monoclinalica immergente verso ovest e sovrascorsa verso est, secondo un piano di traslazione che però non è visibile in affioramento a causa delle spesse pietraie e conoidi di detrito che bordano estesamente il versante orientale del rilievo. La struttura è composta di due unità tettoniche, sovrapposte per faglia inversa, costituite dalla serie di M. Fiore, sul fronte E, e dalla serie del M. Cappucciata a ridosso della prima, affiorante sul lato occidentale (fig. 37). Le due sequenze mostrano giaciture concordanti, anche se la superiore presenta in genere immersioni più inclinate, specialmente lungo la cresta, dove il clinometro arriva ad indicare i 60° verso W.
Fig. 37 – Struttura del M. Cappucciata. Sono evidenziati i due piani di sovrascorrimento (il più antico è il più alto in quota), dislocati da faglie di trascinamento sinistre, che fanno avanzare verso E i settori via via più meridionali).
Sul fronte, in località Cannatina, la strada asfaltata che sale fino alla sommità del rilievo attraversa la formazione delle Calcareniti laminate, che sono il termine più basso della serie di M. Fiore; qui l’unità mostra giaciture molto variabili, riconducibili a una pendenza media di circa 10° - 20° verso W. Arrivando alla sommità, traguardando verso nord ci si accorge di una stretta valle, che separa il M. Cappucciata dal Colle della Scienza; questa incisione testimonia il contatto tettonico tra le due unità strutturali. Più in alto, infatti, affiorano i Calcari organogeni della serie del M. Cappucciata, la cui giacitura non è tuttavia riconoscibile.
A nord la valle termina contro una profonda incisione, che è stata da noi interpretata come una faglia di trascinamento che disloca verso est il settore meridionale del fronte; sull’altro lato si ritrova la successione precedente, spostata a ovest, con lo stesso aspetto monoclinalico, almeno per l’unità inferiore. Sulla sommità nella formazione dei Calcari detritici oligo - miocenici della serie del M. Cappucciata si riscontrano forti immersioni verso est, mentre le direzioni rimangono orientate in senso meridiano.
La giacitura è quindi variata, ed è probabile che indichi un piegamento al tempo della sovrapposizione delle due scaglie, prima della traslazione in toto verso est dell’intera struttura. Purtroppo non vi sono indicazioni che possano mostrare chiaramente il corso degli eventi tettonici che hanno interessato la zona. Secondo la nostra interpretazione, durante l’accavallamento della serie del M. Cappucciata su quella di M. Fiore, la faglia prima descritta ha agito come svincolo tra i due lembi; quello meridionale è sovrascorso senza subire fenomeni plicativi, ed infatti si rinvengono giaciture simili nelle due unità, mentre quello settentrionale è stato piegato ad anticlinale sempre più asimmetrica procedendo verso nord, di cui ora si rinviene il fianco più orientale, immergente verso est.
Quando poi la struttura è stata traslata per intero durante una fase tettonica posteriore, il piano già delineato è stato riattivato come faglia trascorrente o di trascinamento sinistra.
Del resto, in tutti i punti a nord della faglia, le giaciture all’interno delle formazioni della serie del M. Cappucciata hanno un andamento del tipo N - S 50° E, in accordo con questa interpretazione.
Spostandosi verso nord, sono individuabili altre faglie di questo tipo, evidenziate esclusivamente da indicazioni morfologiche, sia pure molto pronunciate; circa un chilometro più a nord troviamo la stretta valle del F.so Schiappuro, a direzione E - W, mentre più a nord la faglia che passa per Valle Voltignolo e nell’incisione del F.so dei Trocchi.
Quest’ultima sembra la più evidente, poiché M. Fiore appare più avanzato rispetto a Bosco Battituro; inoltre un disturbo tettonico sembra essere testimoniato dalla presenza di doline in Valle Voltigno, segno di intensa fatturazione del substrato e conseguente penetrazione dell’acqua in profondità.
In quest’area, la faglia inversa descritta in precedenza scompare presumibilmente sotto la coltre dei Conglomerati calcarei affioranti su M. Fiore e Bosco Battituro. Ciò confermerebbe il fatto che la fase tettonica responsabile di questo elemento strutturale sia anteriore alla dislocazione in toto della dorsale. Più a sud, in località Bosco Cannatino, la presenza della faglia inversa è testimoniata da forti evidenze morfologiche; le Micriti con selce formano qui delle balze a picco sulla valle sottostante, perfettamente allineate in senso meridiano, alla base delle quali dovrebbe rinvenirsi il piano che le mette in contatto con i Calcari detritici della serie di M. Fiore, che si rinvengono più bassi in quota, con giacitura a franapoggio. Purtroppo, questo tratto è inaccessibile data la forte acclività del pendio, ed inoltre vi è una spessa copertura vegetale che ne impedisce la visione.
Tutto l’allineamento che comprende il M. Cappucciata, M. Fiore e Bosco Battituro dovrebbe costituire quindi un unico fronte dislocato in più punti dalle faglie già esaminate (fig. 37).
Fig. 38 – Valle S. Giovanni, alle spalle di Colle Madonna. A sinistra (W) si staglia M. Fiore. La valle è impostata su una fascia notevolmente tettonizzata, delimitata dalla faglia diretta alle spalle di Colle Madonna ad E ed il fronte di accavallamento della dorsale M. Fiore – Bosco Battituro ad W.
Come già accennato, la superficie di accavallamento alla base dei rilievi non è però mai visibile in affioramento, ma è ricoperta da estese pietraie e conoidi di detrito che bordano la fascia pedemontana, facendo da raccordo tra la zona montuosa e quella collinare.
Sul versante orientale della dorsale sono spesso riconoscibili delle pieghe di piccola entità, generate dai fenomeni compressivi responsabili della formazione dell’intera struttura. Una di queste è ben visibile nel settore che si affaccia su Valle S. Giovanni (fig. 38), ed interessa le formazioni più basse della serie di M. Fiore. Salendo per il sentiero che dalla strada brecciata arriva fino alla Valle d’Ombra, più in quota, gli strati, dapprima disposti a reggipoggio, con immersioni sui 30 o 40 gradi verso W, cominciano ad avere pendenze nella direzione opposta, delineando una sinclinale nel cui nucleo si è impostato il torrente che forma la piccola cascatella dove sono stati rinvenuti i travertini. Altre strutture simili si rinvengono più a nord, al fronte del Bosco Battituro, dove gli strati risultano variamente piegati, a formare una serie di pieghe a corto raggio che accompagnano il piano di sovrascorrimento, anche qui non affiorante.
Sul versante occidentale della grossa dorsale, in zone non comprese nell’area esaminata, vi è un grosso sistema di faglie a carattere distensivo a direttrice appenninica, che ha ribassato il settore occidentale, dando luogo all’ampia valle del F. Tirino, interpretata come una grossa “fossa tettonica” correlata a quelle di Campo Imperatore più a nord (GHISETTI & VEZZANI, 1986).
Fig. 39 – Grosso piano di faglia di tipo distensivo, sul versante orientale del M. Cappucciata. Fa parte del sistema di faglie dirette che forma la “fossa tettonica” alle spalle dell’allineamento M. Scarafano – M. Cappucciata – M. Capo le Serre, e di cui si rinvengono alcuni anche nell’area esaminata.
Grossi piani di faglia orientati NNW - SSE, a superficie estremamente liscia, e a volte solcati da strie con scalini di calcite che testimoniano la loro natura distensiva, sono presenti lungo tutto l’allineamento (fig. 39), in special modo all’altezza di Villa S. Lucia degli Abruzzi (fuori carta, più a NW). La freschezza delle superfici (le uniche ben conservate nella zona) fanno supporre che esse siano gli elementi strutturali probabilmente più giovani dell’area. Nell’area in esame vi sono indicazioni da poter interpretare alla luce di una fase distensiva che ha agito alle spalle della dorsale; sul versante occidentale del M. Cappucciata, dietro la cresta che orla la sommità del rilievo, il pendio si fa molto acclive, e spuntoni di roccia sporgono in maniera molto evidente dal declivio, a formare quasi un dirupo abbastanza scosceso. Questa morfologia accidentata bene si inquadra in una situazione di regime distensivo; la giacitura degli strati è inoltre a franapoggio, il che favorisce il distaccamento dei blocchi impedendo il rinvenimento di nette superfici di faglia.
M. Pietra Rossa - Colle Madonna
La dorsale carbonatica composta dai rilievi di M. Pietra Rossa, Colle Madonna e, più a nord, I Cimoni, è costituita da più motivi strutturali riferibili a diverse fasi e modalità di deformazione che hanno interessato la struttura (fig. 40 e 41).
Fig. 40 – La dorsale di Colle Madonna vista da sud.
Il motivo tettonico principale sembra essere una piega anticlinale asimmetrica, la cui configurazione è individuabile a circa metà del rilievo, in corrispondenza delle gole del Rivo Chiaro. Qui è visibile il fianco orientale della piega, e si osservano gli strati della Micrite bianca e dei Calcari bioclastici immergere con forti pendenze (circa 70 - 80 gradi) verso est. L’ala occidentale della struttura immerge invece con inclinazioni più blande, in genere di circa 30 o 40 gradi verso ovest; solo sporadicamente si osservano pendenze maggiori, come ad esempio sul rilievo de I Cimoni, nella continuazione settentrionale della struttura, dove esse arrivano a toccare i 60 gradi.
Fig. 41 – Carta della dorsale di Colle Madonna.
Lo stesso motivo è conservato più a sud, di fronte alla presa dell’acqua di Carpineto della Nora, all’altezza di Case Mosca; qui si vedono gli strati di Calcarenite a Litotamni pendere di circa 30 gradi verso E. Più in quota, sulla cresta sommitale la stratificazione è circa orizzontale, mentre ad occidente gli strati pendono verso W, in conformità con il pendio.
Le giaciture rilevate permettono di ricostruire il piano assiale della piega, che immerge di circa 50 gradi verso W, con direzione circa N - S. L’asse della piega, ad andamento curvilineo, tende ad immergere rapidamente verso N e verso S. Queste caratteristiche conferiscono alla struttura una vergenza spiccatamente orientale, in accordo con l’assetto tettonico regionale.
Su M. Pietra Rossa il motivo della piega anticlinale si perde, e la struttura assume un assetto monoclinalico, immergente verso W; tuttavia, sulla cresta che corre lungo la sua sommità si riconosce una giacitura circa orizzontale degli strati, che a occidente diventano decisamente inclinati verso W (fig. 39a). Siamo nella zona della chiusura meridionale della struttura, ed infatti le direzioni degli strati tendono a variare, ruotando in senso antiorario ed allineandosi in direzione circa N40W.
Fig. 42 – La dorsale di Colle Madonna, versante orientale. Evidenziati in nero il piano di accavallamento (con i triangoli) e le faglie dirette che sbloccano la struttura.
La struttura plicativa di Colle Madonna è delimitata alla base da un piano di sovrascorrimento che la pone a contatto con le unità torbiditiche. Questo piano è ben visibile in numerosi punti dislocati lungo tutto il fronte di accavallamento.
Alla base di M. Pietra Rossa esso è caratterizzato da pendenze abbastanza elevate, dell’ordine dei 50 - 60 gradi, ed è impostato sui Calcari detritici, che a causa della loro estrema rigidità risultano fortemente fratturati e tettonizzati, dando luogo a rupi (fig. 41) che contraddistinguono il rilievo (il nome stesso è derivato probabilmente dalle alterazioni rossastre presenti sui dirupi del versante orientale).
Fig. 43 – Rupi nel Calcare detritico sotto M. Pietra Rossa, prodotte dall’accavallamento della dorsale di Colle Madonna sulle unità torbiditiche del Flysch della Laga. È evidente la forte tettonizzazione del materiale. Alla base si riconoscono alcune indicazioni del piano di sovrascorrimento.
Più a nord, in corrispondenza di Colle Madonna, alla base del versante affiorano le unità più antiche, che risultano più duttili alle deformazioni meccaniche, in quanto costituite da sedimenti pelagici di tipo micritico. Anche qui è rilevabile il piano di scorrimento, che assume pendenze minori, ed è generalmente associato a piccole strutture plicative a corto raggio, generate contemporaneamente alla traslazione della struttura (fig. 42). Non sono rintracciabili strie o scalini di calcite sulla superficie di faglia, ma la direzione dello spostamento è inequivocabilmente verso est.
È probabile che a questo grosso motivo tettonico, che borda la base del rilievo lungo tutto il versante orientale, possono essere associati altri accavallamenti minori, che si rinvengono sulla parte sommitale di Colle Madonna in più punti, e in maniera più evidente lungo la cresta de I Cimoni.
Fig. 44 – Strati verticali di Micriti bianche alla base della gola del Rivo Chiaro, che costituiscono il fianco orientale dell’anticlinale asimmetrica che forma la dorsale di Colle Madonna.
In corrispondenza della cima di Colle Madonna si rinviene una placca di Calcare detritico sovrapposto alle Calcareniti a Litotamni; essa è allungata in senso meridiano, e sulla parte orientale si rinvengono lembi di un piano di faglia a scorrimento inverso, inclinato di circa 40 gradi verso W, con strie che indicano un movimento di accavallamento. La situazione è evidente anche da un punto di vista morfologico in quanto i Calcari detritici, nettamente più tenaci e resistenti delle altre formazioni, appaiono rilevati dando luogo a stacchi morfologici caratteristici (fig. 43). Più a nord, in corrispondenza della rupe che chiude in direzione E - W la parte sommitale di Colle Madonna, il motivo è visibile in sezione parallela alla sua massima pendenza. Esso interessa la formazione dei Calcari detritici, ed è presente un piccolo lembo di Calcari marnosi verdastri alla base. Sul lato occidentale il piano è interrotto da una faglia diretta che lo ribassa verso W.
Fig. 45 – Faglia inversa sulla cresta di Colle Madonna che fa accavallare i Calcari detritici (a) sulle Calcareniti a Litotamni (b). Una faglia diretta ribassa a tergo il settore sovrascorso.
Più a sud è stato individuato un piano di sovrascorrimento associato alla stessa struttura (fig. 44). Esso presenta tutte le caratteristiche precedentemente descritte, ed è orientato in direzione N70E con pendenza di circa 50 gradi verso NW, facendo sovrapporre i Calcari detritici su loro stessi, creando un raddoppiamento della formazione.
Un altro raddoppiamento è stato inoltre rinvenuto sulla rupe di M. Pietra Rossa, sempre al livello dei Calcari detritici.
Non è secondo noi un caso che i fenomeni di accavallamento avvengano in corrispondenza di questa formazione. Infatti, data la loro rigidità rispetto alle altre unità, essi hanno reagito alle spinte compressive spezzandosi e andandosi a sovrapporre alle formazioni più recenti. Non va dimenticato che i Calcari detritici sono interposti a litologie di tipo marnoso che per contro sono quelle più duttili dell’intera serie, e che più si prestano a fenomeni di scollamento.
Il contatto tettonico sul versante occidentale della dorsale è costituito da una faglia diretta che si allunga in senso meridiano per svariati chilometri. Nel quadro delle deformazioni presenti, essa è però interpretabile come un piano lungo il quale si sono sollevate le unità carbonatiche rispetto a quelle torbiditiche, durante l’evoluzione tettonica del rilievo di Colle Madonna. In altre parole potremmo definire questo elemento strutturale come una faglia diretta in regime compressivo, che giace alle spalle della struttura sovrascorsa; essa è un elemento di svincolo necessario per la ricostruzione geometrica e cinematica degli eventi.
Fig. 46 – Faglia inversa, orientata circa N70E, nei Calcari detritici, correlata a quella della cresta di Colle Madonna.
Lungo la Valle S. Giovanni, alle spalle del rilievo, sono visibili spuntoni di roccia e piccole paretine riferibili alla faglia suddetta; come per il caso del M. Cappucciata, la giacitura a franapoggio delle formazioni non ha consentito lo sviluppo di superfici di faglia ben evidenti; la rottura di pendio (fig. 37) e le differenze litologiche presenti risaltano tuttavia in modo netto, tale da consentire una interpretazione in questo senso.
Gli elementi tettonici riconducibili ad una fase di tipo distensivo vera e propria sono costituiti da faglie dirette presenti lungo tutta la dorsale in esame. Esse non mostrano una orientazione preferenziale, che permetterebbe di risalire ad una particolare polarità della deformazione, ma sono piuttosto interpretabili come faglie di assestamento susseguenti alla messa in posto della struttura. Questa situazione appare evidente su M. Pietra Rossa, solcato trasversalmente da varie faglie che sbloccano e ribassano settori via via più meridionali; le superfici di faglia sono visibili sulla rupe che si affaccia verso est, dove si osservano piccoli lembi di pareti allisciate dall’attrito tra i due blocchi dislocati; le faglie sono poi testimoniate sull’altro versante da piccoli spuntoni e creste rocciose ricollegabili ai movimenti distensivi.
In corrispondenza della faglia che separa M. Pietra Rossa da Colle Madonna, inoltre, si è prodotta una profonda valle che denota il grosso disturbo tettonico (fig. 40); tutta la parte sommitale del rilievo, peraltro, è solcata da tali morfologie, che permettono di seguire agevolmente l’andamento di questi elementi strutturali. In questa zona le faglie assumono una disposizione a ventaglio con direzioni circa meridiane, e sollevano un settore relativamente a tutti gli altri, che vengono ribassati verso SW e verso E. L’entità dei rigetti è generalmente modesta, non superando i 60 metri, come si desume dai profili geologici.
È da segnalare il fatto che anche il lembo di Calcari detritici, dapprima sovrascorso sulla struttura di Colle Madonna durante le fasi compressive, venga interessato da questi fenomeni distensivi, e che venga in parte riutilizzato il piano di accavallamento. Infatti si rinvengono accostati, in stazione 108, il piano diretto e quello inverso.
La faglia diretta, più a nord, torna poi ad interrompere il sovrascorrimento, ribassandolo verso W. Parallelamente al fronte, un’altra faglia ribassa il settore E, dando luogo ad un certo bascula mento di questo blocco. Infatti, sui due lati della faglia si rinvengono giaciture a direzione circa N - S, ma con immersioni contrarie e convergenti verso la valle che anche qui si è impostata. Più a nord, lungo la rupe che scende quasi a picco verso il Rivo Chiaro, l’elemento strutturale è evidenziato da un grosso sperone roccioso che costituisce il lembo occidentale della faglia stessa.
Di incerto significato appare essere il disturbo tettonico che senza dubbio deve aver generato la profonda incisione dove, incassato in pareti quasi verticali, scorre il Rivo Chiaro, più volte menzionato. Sui due lati della gola, infatti, non vi sono segni di dislocazione tettonica. L’interpretazione più plausibile è che sia la testimonianza di una profonda frattura generata dalle condizioni di collasso in seguito al generale assestamento della struttura. Il blocco settentrionale sarebbe ruotato verso nord, mentre quello meridionale verso sud, su di un “perno” che potrebbe essere costituito, ad esempio, dai livelli conglomeratici intercalati al flysch, i quali, comportandosi più rigidamente, non permetterebbero alla struttura intera di affossarsi solidalmente, ma solo in alcune sue parti. Se si osservano le quote cui corre il piano di sovrascorrimento basale, si nota che esse sono molto variabili, conferendo a questo elemento tettonico un andamento curvo sia in sezione che in pianta.
Da questo ragionamento consegue che tutta la struttura di M. Pietra Rossa - Colle Madonna - I Cimoni non sia collegata in profondità con alcun tipo di basamento, ma sia piuttosto interpretabile come una “scaglia enucleata”, sradicata dal substrato e sovrascorsa sulle unità torbiditiche del Flysch della Laga, dopo averle probabilmente lacerate e deformate al momento di mettersi in posto.
Durante il successivo assestamento, si sarebbero poi generate le faglie distensive appena descritte, assestamento facilitato dalla duttilità delle coltri flyschoidi sottostanti, composte da una frazione pelitica molto abbondante. Nei punti, inoltre, in cui si trovano livelli con caratteristiche meccaniche più rigide, quali possono essere i conglomerati calcarei, oppure la facies arenacea del Flysch stesso, si sarebbero create delle zone più rialzate in seno alla struttura, come quella centrale di Colle Madonna, sollevata rispetto alle altre.
In alternativa al modello di “scaglia enucleata”, completamente isolata dal substrato ed indipendente dalle strutture a tergo, si può ipotizzare la dorsale di Colle Madonna come facente parte di un unico complesso tettonico che comprende anche i rilievi retrostanti. Il piano di sovrascorrimento alla base della dorsale si raccorderebbe in profondità con quello che delimita il fronte del M. Cappucciata e del M. Fiore, formando un unico thrust che comporta la traslazione della serie calcarea sulle unità torbiditiche. Piccoli lembi di Flysch della Laga, fortemente tettonizzati, si rinvengono anche tra i due rilievi, “catturati” durante le fasi di accavallamento. In questa interpretazione la faglia diretta alle spalle di Colle Madonna è vista come una superficie di sovrascorrimento delle torbiditi sulla serie calcarea.
I dati di superficie in nostro possesso, purtroppo non sono tali da avvalorare in modo conclusivo nessuna delle due tesi; si è tuttavia considerato come ipotesi di lavoro il modello a scaglie frontali, in accordo con GHISETTI & VEZZANI (1983), che considerano la dorsale di Colle Madonna come un elemento embricato allineato col sistema di deformazione regionale, analogo ad altre strutture presenti lungo tutto il fronte del Morrone - Gran Sasso.
Allo scopo di illustrare le due diverse situazioni possibili, nell’allegato 2 sono state costruite due sezioni geologiche (Profili A e A’), che tengono conto degli stessi dati di superficie, ma differiscono tra loro per la geometria delle strutture in profondità. Nel profilo A è descritto l’assetto tettonico a scaglia enucleata, mentre nel profilo A’ i vari piani di accavallamento si raccordano in profondità in un’unica superficie di thrust.
Flysch della Laga
Le unità torbiditiche del Flysch della Laga sono interessate da deformazioni di tipo duttile e fragile, imputabili ad un regime di spinte compressive da W.
Sul terreno sono riconoscibili numerose anticlinali e sinclinali, con assi generalmente orientati in senso meridiano, a vergenza spiccatamente orientale. I raggi di curvatura sono generalmente ampi, ma non mancano strutture plicative a piccola scala, come in località Colle Selvuccia (staz. 20), dove si rinviene la stretta sinclinale asimmetrica visibile in figura 21.
Una grossa piega completa è stata riconosciuta in località Fratte di Carpineto, dove se ne segue tutto lo sviluppo; partendo da Colle Bano e procedendo verso est, si osserva la graduale rotazione delle giaciture, che da immergenti a E, tendono a pendere decisamente verso W, dando luogo ad un’anticlinale e sinclinale con piani assiali paralleli, immergenti di una quarantina di gradi verso W. Le pieghe divengono meno decise più a est; qui le strutture assumono dimensioni maggiori dell’affioramento, e possono essere ricostruite solo mediante profili geologici e correlazioni tra punti distanti.
Nella ricostruzione tettonica dell’area si sono rivelati di notevole importanza gli orizzonti - guida descritti nel capitolo relativo alla stratigrafia. In particolare l’affioramento del livello a gessi ha permesso di riconoscere un sovrascorrimento nella zona immediatamente a ovest di Colle Bano; tale elemento tettonico avrebbe sovrapposto la facies pelitico - arenacea della parte basale del Flysch della Laga sulla facies analoga della parte superiore; l’accostamento delle due facies, praticamente indistinguibili, rende estremamente difficile il riconoscimento del piano di sovrascorrimento. Oltre alla posizione del livello a gessi, altre indicazioni permettono l’identificazione della struttura sovrascorsa; se si osserva la morfologia della zona, ci si accorge di una valle a direzione meridiana, che corre parallelamente all’allineamento dei conglomerati calcarei; il Torrente Nora devia bruscamente dalla sua direzione E - W per incanalarsi nella valle, verso sud, finché devia nuovamente tornando a scorrere nella direzione originaria.
Analoghe considerazioni morfologiche hanno portato all’individuazione di un grosso motivo tettonico di tipo trascorrente, evidenziato dal corso del Torrente Nora e del suo affluente di destra, il Torrente Negra, che formano un perfetto allineamento in senso antiappenninico. I due corsi d’acqua si sono probabilmente impostati sulla discontinuità tettonica costituita da una faglia trascorrente sinistra, che ha fatto avanzare il settore meridionale rispetto a quello settentrionale. La direzione del movimento è suggerita dall’apparente dislocazione che si osserva nel livello a conglomerati calcarei; il rilievo di M. Riccio sembra più avanzato verso E rispetto a quello di Colle Bano. Inoltre, altre strutture analoghe sono state segnalate in zone molto prossime a questa (BIGI, 1988, tesi inedita).
Idrografia superficiale ed idrogeologia
Lo sviluppo dell’idrografia superficiale della zona è rigidamente controllato dalla natura delle litologie affioranti, e dal loro stato di deformazione e fratturazione.
Nelle aree occidentali, dove sorgono i rilievi carbonatici, il reticolo idrografico è estremamente ridotto, costituito da brevi corsi d’acqua rettilinei a carattere torrentizio che scendono dai due versanti della dorsale calcarea di M. Cappucciata - M. Fiore, che funge da locale spartiacque.
Questi ruscelli occupano in genere alvei prede lineati da fenomeni tettonici, che producono direzioni preferenziali per lo scorrimento delle acque. Si rinvengono quindi incassati in strette gole, come il Rivo Chiaro, oppure in profonde incisioni che a volte danno luogo a piccole cascatelle, come quelle in Valle S. Giovanni.
La natura calcarea del substrato ha favorito inoltre l’insorgere di fenomeni carsici, quali doline ed inghiottitoi, sede di numerosi laghetti, alcuni dei quali permanenti (ad esempio, il Lago Sfondo, nella Valle Voltigno).
I settori orientali, dove affiorano estesamente le successioni torbiditiche del Flysch della Laga, sono interessate da un reticolo idrografico di tipo dendritico, ad andamento tortuoso e meandri forme, il cui sviluppo è favorito dalla forte erodibilità e dalla scarsa permeabilità delle litologie. Gli alvei presentano un profilo acclive, a forma di V, ad ulteriore testimonianza delle condizioni di generalizzata erosione vigenti in quest’area.
Anche qui si riconosce un certo allineamento dei corsi d’acqua, che scorrono generalmente in senso antiappenninico; questo assetto direzionale appare regolato da discontinuità tettoniche preesistenti, come già descritto nel capitolo relativo alla tettonica.
Dal punto di vista idrogeologico, le litologie affioranti nell’area possono essere suddivise in diversi gruppi, in base alle loro caratteristiche di permeabilità e di capacità di immagazzinamento.
Unità carbonatiche
In questo gruppo vengono riuniti tutti i terreni che costituiscono i rilievi più alti della zona. Esso comprende quindi formazioni calcaree meso - cenozoiche a tessitura da fine a grossolana, caratterizzate da alti valori di infiltrazione e capacità di assorbimento. La permeabilità è aumentata dalla diffusa fratturazione che si riscontra, dovuta alle forti spinte oro geniche sopportate nel passato geologico; essa amplifica la penetrazione delle acque in profondità assicurando un buon drenaggio; il reticolo idrografico è infatti molto poco sviluppato in queste aree. Il drenaggio è soprattutto verticale, ed alimenta probabilmente gli acquiferi profondi, mentre più in superficie le falde sono in genere di piccola entità, discontinue, legate a particolari condizioni locali di minore permeabilità ed infiltrazione e maggiore capacità di immagazzinamento.
La presenza di estese superfici di discontinuità alla base dei rilievi genera numerose vie d’acqua per l’impostazione di varie risorgive nella fascia pedemontana, che si osservano lungo tutto il fronte.
Va inoltre segnalato lo sviluppo di fenomeni carsici che aumentano ulteriormente l’entità del drenaggio.
Unità torbiditiche
Questo gruppo è costituito dalle successioni in facies torbiditica, di natura argilloso - arenacea, che formano il Flysch della Laga.
Sono caratterizzate da una bassa permeabilità,che limita fortemente la circolazione nel sottosuolo. Questa viene localmente aumentata dalla presenza dei livelli conglomeratici, generalmente fratturati e a volte poco cementati, con forti valori di infiltrazione e conseguente immagazzinamento. In minore misura il drenaggio è favorito dalla facies più arenacea delle torbiditi, dove essa si presenti fratturata, rafforzando la circolazione sotterranea delle acque.
La successione flyschoide inoltre agisce come aquiclude rispetto alle falde acquifere presenti nei massici carbonatici, generando le risorgive di contatto già descritte in precedenza. Questo fenomeno potrebbe essere utilizzato per trarre delle decisive indicazioni sulla situazione geologica della dorsale di Colle Madonna. Uno studio approfondito sul bilancio idrogeologico del rilievo potrebbe rivelare se tale struttura sia effettivamente una “scaglia” sradicata dal substrato, nel qual caso si avrebbe un regime stazionario di flusso in entrata e in uscita, a meno di vie d’acqua impostate in orizzonti più permeabili nelle torbiditi.
* * *
Come abbiamo già accennato, sono presenti nella zona numerose sorgenti, con acque a temperatura inferiore ai 20°C; sono generalmente ubicate ai piedi delle strutture carbonatiche, a testimonianza di discontinuità tettoniche a basso angolo che le pongono a contatto con le sottostanti unità flyschoidi a bassa permeabilità. Non mancano tuttavia piccole risorgive legate a falde sospese, che però non incidono in maniera rilevante sull’economia idrogeologica dell’area.
È da porre in risalto, infine, l’esistenza, al fronte di Colle Madonna, in C.da Festina, di una sorgente di acque sulfuree a bassa temperatura, di modesta portata, legata probabilmente alla presenza dei livelli gessosi a cui è imputabile l’arricchimento in solfuri; altri fenomeni simili sono stati segnalati più a S, a Bussi, Tocco a Casauria e altre località della zona.
Geomorfologia
In questo capitolo verranno esaminate tutte quelle fenomenologie erosive che interessano le varie unità dell’area investigata.
Tali manifestazioni sono strettamente controllate dalle caratteristiche, sia petrografiche che giaciturali delle varie formazioni affioranti, ed è quindi possibile fare una distinzione tra unità carbonatiche ed unità argillose, anche dal punto di vista geomorfologico.
Unità carbonatiche
L’erosione delle unità carbonatiche si esplica soprattutto attraverso i vettori meteorici, ed in particolare la neve, che permane a lungo sui rilievi più alti.
Fig. 47 – Morfologie carsiche: doline in Valle Voltignolo.
La fenomenologia carsica è ovunque ben rappresentata (fig. 45); molte zone sono disseminate di doline e inghiottitoi, dove si raccolgono le acque meteoriche dando luopgo a tipici laghetti. A questo proposito ricordiamo Valle Voltigno, già menzionata, dove si rinviene una miriade di queste depressioni carsiche, a volte parzialmente riempite di terra rossa residuale. Le doline sono in genere di piccole dimensioni dell’ordine dei 10 metri, ma in alcuni casi, come il Lago Sfondo, una serie di doline contigue dà luogo ad una conca composta (tipo uvala), a forma di L, di circa 150 m di lunghezza, riempita di acque meteoriche. Altra analoghe strutture sono presenti in Valle Voltignolo, alle spalle di M. Fiore, e sulla parte sommitale del Bosco Battituro, in alcune radure erbose contornate da alberi.
Fig. 48 – Morfologie carsiche: campo carreggiato nei Calcari organogeni nei pressi di Valle Voltigno.
Altre strutture superficiali presenti un po’ dovunque sono i lapiez, che danno luogo ad estesi campi carreggiati, siti preferibilmente lungo le dorsali in quota come ad esempio su Colle Madonna, oppure ancora in Valle Voltigno. Qui sono evidenti le piccole “lame” di roccia, allineate secondo piani di fratturazione preesistenti o secondo giunti di stratificazione, che sbucano dalla coltre erbosa.
Sono da segnalare, inoltre, numerose grotte di erosione carsica, impostate in zone di maggiore tettonizzazione; esse infatti si rinvengono ad esempio sul fronte orientale di Colle Madonna - M. Pietra Rossa, al livello dei Calcari detritici o delle Micriti bianche, poggianti su materiali impermeabili quali marne e argille.
Sui rilievi calcarei sono inoltre frequentemente osservabili fenomeni di frana; una grossa nicchia di distacco è visibile appena a sud di M. Fiore, lungo la strada brecciata che borda il rilievo; essa è di dimensioni dell’ordine dei 100 metri, ed interessa la formazione dei Conglomerati calcarei (fig. 49).
Fig. 49 – Nicchia di distacco nei Conglomerati calcarei sul versante orientale del M. Fiore.
Un’altra nicchia di distacco di notevoli dimensioni è ben visibile anche di lontano sul versante orientale di Colle Madonna; probabilmente dovuta alla fratturazione della formazione in cui si è impostata (Micriti bianche). Ai piedi della struttura si rinviene il materiale distaccatosi, anche in enormi blocchi. Altre frane di minore entità sono disseminate un po’ dappertutto su tutta la fascia montuosa in esame.
Da segnalare, infine, l’enorme sviluppo delle pietraie e degli accumuli di detrito di falda che bordano i rilievi montuosi, anch’essi soggetti a fenomeni di tipo franoso, data la scarsa vegetazione che li ricopre e la elevata instabilità dei pendii che li delimitano.
Unità terrigene
Le manifestazioni erosive che interessano le unità flyschoidi argilloso - arenacee e i sovrastanti depositi alluvionali sono riconducibili a due agenti fondamentali: l’erosione fluviale e l’azione delle acque meteoriche.
Fig. 50 – Forme calanchive nei pressi di Civitella Casanova. Sono impostate nella facies pelitico-arenacea del Flysch della Laga.
Alla prima sono collegati i fenomeni di progressivo scalzamento alla base ad opera dei torrenti, a carattere generalmente stagionale, della zona. Queste espressioni dell’attività erosiva sono molto evidenti nella parte orientale del rilevamento, dove ampi corpi tabulari di conglomerati di origine alluvionale, scarsamente cementati, ricoprono trasgressivamente i depositi pelitici delle torbiditi. Lo scalzamento alla base delle argille provoca il continuo crollo di parti di questi terrazzi alluvionali. Per arginare questo fenomeno, che rischia di compromettere la sicurezza dei vari centri abitati, si è intervenuto con la costruzione di muri di sostegno, paratie ed altre strutture atte a contenere l’incalzante fenomeno. Ne troviamo sia sul versante settentrionale che su quello meridionale del terrazzo di Civitella Casanova, sui tornanti a nord di Vicoli, sotto Civitaquana.
Altre misure prese nell’intento di limitare la capacità erosiva dei corsi d’acqua nella zona sono costituite dalla costruzione di briglie ed altri sbarramenti trasversali, che fanno diminuire la pendenza dell’alveo diminuendo la velocità delle acque.
Alle acque meteoriche è imputabile invece la formazione di forme calanchive, diffusissime nella zona, soprattutto in corrispondenza delle argille appartenenti alla facies pelitica del Flysch della Laga, e di fenomeni di smottamento e creeping, dovuti all’imbibizione di acqua e conseguente rigonfiamento delle argille.
I calanchi si incontrano in vari punti della zona; sono presenti appena a nord di Civitella Casanova; nell’area circostante il corso del Torrente Nora; nella parte meridionale della zona in esame, nei pressi di M. Riccio e Civitaquana (fig. 50).
Sono in genere molto estesi, di altezza sui 50 metri, e collegati tra loro a formare delle fasce altamente instabili e ripide che bordano le colline della zona, con la tipica morfologia a solchi profondi e balze rilevate, riattivate dalle precipitazioni meteoriche.
Fig. 51 – Muro divelto dai fenomeni di creeping dovuti al rigonfiamento delle argille (località Fosso di Fabbrica).
La presenza di tali strutture erosive crea numerosi problemi alle coltivazioni ed alle sedi stradali, interessate da frane e smottamenti dovuti alla forte instabilità dei versanti. Alla testata dei calanchi sono infatti generalmente osservabili profonde incisioni, spesso beanti, sintomo di condizioni di incipiente rottura, che pregiudicano la sicurezza della viabilità.
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